| |
| |
Alto Adige, 24 LUGLIO 2008 | |
BRUNO CANALI | |
LAIVES. L’architetto Stefano Rebecchi, capo dell’ufficio lavori pubblici del Comune, è anche docente di «caratteri distributivi degli edifici» presso la facoltà di architettura del Politecnico di Milano. Si tratta dunque di una persona particolarmente esperta per quanto concerne l’urbanistica e le conseguenze che questa ha sulla qualità di vita dentro i centri abitati. Il dibattito su questo tema sta prendendo quota proprio in questi giorni, nei quali è partita la procedura per il rinnovo del Puc. Quale direzione deve prendere la progettazione urbanistica in città? Rebecchi parla di Laives come di una realtà che è caratterizzata da tre nuclei edificati: la città di Laives, appunto, e quindi Pineta e San Giacomo. «Il denominatore comune che si rileva analizzando lo spazio edificato del territorio comunale - afferma l’architetto - è la mancanza di centralità. In tutti tre gli insediamenti costitutivi la realtà urbana di Laives non è rilevabile un centro storicamente determinato nel quale la popolazione possa identificarsi e questo per motivazioni differenti. Questa condizione che distingue Laives da altre realtà urbane della provincia, la mancanza di centralità appunto, pone un nodo problematico da risolvere, oltre che una sfida tecnica considerevole».
Però, aggiunge Rebecchi, negli ultimi anni Laives è andata progressivamente affrancandosi dalla situazione che aveva caratterizzato gli anni ’70, quando la città aveva fatto da «valvola di sfogo» della tensione abitativa di Bolzano ed erano sorti interi quartieri per fare posto a chi arrivava. Il riflesso di questa situazione è stato quello che viene definito un «fenomeno di dispersione urbana», con la perdita di un centro riconoscibile, una cosa che si può verificare tra Laives e Bolzano, dove oramai è pressoché un tutt’uno tra San Giacomo e Oltrisarco. «Questi fenomeni però sono oggi superati da quella che si può definire la seconda fase di sviluppo della città - prosegue Rebecchi -, che ormai ha lasciato indietro gli aspetti più negativi per andare verso una nuova dimensione. Avere tre possibili centri (Laives, Pineta e San Giacomo) è una potenzialità che la città, affrancandosi dalla “pesantezza” della vicinanza a Bolzano, potrebbe sfruttare per emanciparsi. Per fare questo non è indispensabile inseguire le grandi firme dell’architettura (rischiare “l’effetto Bilbao”) ma conviene invece concentrarsi sull’edilizia minore, sulla sua qualità, perché è questo che viene maggiormente riconosciuto e apprezzato dalla gente».
A Laives insomma conviene lavorare su tutto il tessuto urbano: «La costruzione della variante alla statale 12 ad esempio, influisce anche sugli aspetti temporanei dei cittadini, intesi non solo come spazi fisici, ma anche sensoriali, fatti di tempi e di sensazioni. La tendenza in atto anche nelle grandi città del nord Europa oggi è la predisposizione di piani che tengano conto degli aspetti sensoriali, vale a dire del rumore, dei colori, delle luci e non solo dell’aspetto fisico perché è evidente che laddove vi sia molto rumore, oppure poca luce, anche la qualità di vita si abbassa drasticamente».
Nessun commento:
Posta un commento