Alto Adige - VENERDÌ, 27 GIUGNO 2008
Firmato un protocollo d’intesa con Acli e Kvw da attuare con il contributo degli enti pubblici
«Bisogna calmierare i prezzi e reperire più alloggi per abbassare i costi degli affitti»
MASSIMILIANO BONA
BOLZANO. Quattro organizzazioni sindacali (Asgb, Cgil, Cisl, Uil) e due associazioni (Acli e Kvw) hanno deciso di fare fronte unico contro il carovita ed hanno firmato un protocollo d’intesa, da attuare con il contributo di Provincia e Comuni, per risolvere il problema almeno nel medio-lungo periodo. «Dobbiamo fare leva - sottolinea Michele Buonerba della Cisl - su prezzi, politica abitativa, politiche per la famiglia e misure fiscali». È stata chiesta l’adozione del redditometro per l’erogazione delle prestazioni sociali.
Le retribuzioni negli ultimi anni, in provincia, sono cresciute molto più lentamente dell’inflazione, che in Alto Adige è da tempo superiore a quella riscontrata nel resto del Paese. Una conferma, in tal senso, si ha analizzando l’incremento dei prezzi da gennaio ad aprile rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: secondo l’Ire in Alto Adige l’aumento è stato del 3,6%, in Germania del 3%, nel resto d’Italia, in Francia e Austria del 3,3%. Siamo, oggettivamente, sopra la media. «Per uscire da questa fase di stallo - spiegano i promotori dell’iniziativa - servono politiche per la tutela del potere d’acquisto delle famiglie, iniziative strutturali di lotta al carovita, una contrattazione integrativa territoriale delle retribuzioni, un sostegno alla contrattazione decentrata da parte degli enti pubblici, politiche fiscali più eque e l’attuazione di nuove politiche di welfare a sostegno delle famiglie». Sindacati e organizzazioni sociali hanno proposto poi una serie di misure «ad hoc» che interessano prezzi, politica abitativa, famiglia e politiche fiscali.
Prezzi. Tra le proposte figurano: accordi mirati per calmierare i prezzi tra le parti sociali e gli enti pubblici; un monitoraggio costante dell’intera filiera anche ricercando opportuni strumenti di rilevazione dei prezzi; una serie di iniziative tendenti a favorire la concorrenza nella grande distribuzione e destinate ad avere un impatto positivo sul costo dei prodotti; una riduzione della burocrazia; una maggiore sensibilizzazione verso un consumo consapevole, grazie al quale si potrebbero valorizzare i prodotti locali.
Politica abitativa. Più che sulle agevolazioni per chi acquista alloggi secondo sindacati e organizzazioni sociali bisognerebbe concentrarsi sui canoni di locazione, con un programma che consenta di reperire un numero adeguato di abitazioni in affitto. «L’alta incidenza del costo dell’affitto sul bilancio familiare richiede da parte della Provincia l’elaborazione di un programma più esteso per l’edilizia abitativa. Esso è destinato, infatti, ad incidere giocoforza sui prezzi». In parallelo bisognerebbe dare più peso, sempre per quanto attiene l’edilizia abitativa agevolata, «alla durata e alla continuità dei rapporti di lavoro dei richiedenti, così come andrebbero maggiormente considerati i carichi familiari di ciascuno».
Politica per la famiglia. Tre le misure proposte per aiutare le famiglie meno abbienti: un aumento dei contributi provinciali, l’adozione del redditometro e l’armonizzazione della disciplina sul congedo parentale tra Provincia e privati. «Riteniamo utile, oltre all’aumento dei contributi, anche l’aumento degli anni in cui è possibile goderne. È necessaria, poi, la costruzione di asili nido e scuole materne in tutta la provincia». L’introduzione del redditometro servirebbe, invece, per la verifica dello stato di bisogno dei cittadini ai fini dell’erogazione delle prestazioni sociali. Giusto, dunque, prendere in considerazione anche i beni posseduti.
Misure fiscali. Quattro le richieste formulate: l’eliminazione o la riduzione delle addizionali comunali e regionali (i comuni sono invitati a rinunciare all’addizionale Irpef, mentre l’addizionale regionale dovrebbe essere la minima prevista per legge), il blocco delle tariffe pubbliche (servirebbe un accordo a livello comunale e provinciale per un dato periodo di tempo e le tariffe dovrebbero essere modulate in base allo stato di necessità delle famiglie), una maggiore trasparenza delle tariffe comunali e una riduzione dell’Irap solo alle imprese che si impegnano a ridistribuire parte del denaro risparmiato attraverso la contrattazione aziendale. Il protocollo è stato firmato da Lorenzo Sola, Fabio Degaudenz e Alfred Ebner (Cgil), Michele Buonerba (Cisl), Serafin Pramsoler (Asgb), Werner Atz (Kvw), Luciano Nervo (Acli), Georg Pardeller (Asgb), Christian Troger (Uil).
Vendite a picco, tengono solo gli alimentari
Potere d’acquisto in calo. Unione commercio e Confesercenti: negozi semivuoti
Ad essere colpito è soprattutto il ceto medio, costretto a rinunciare all’acquisto di scarpe e vestiti Fiacche pure le svendite
BOLZANO. Vendite al dettaglio in crollo nel mese di aprile, sull’intero territorio nazionale. In media, le vendite sono calate del 2,3% rispetto allo stesso mese del 2007. Si tratta del dato peggiore registrato a partire dal 2005. Lo ha reso noto l’Istituto nazionale di statistica e vale per l’intera Penisola. Il fenomeno è confermato pure in Alto Adige. Pur se in assenza di dati ufficiali - le ultime rilevazioni Astat disponibili risalgono al 2006 - sia la Confesercenti che l’Unione commercio confermano. In toto. Il potere d’acquisto di salari e stipendi è innegabilmente in netta, continua e (pare) inarrestabile diminuzione. Crollate le vendite di abbigliamento e calzature. Resistono gli alimentari. Ma cominciano a traballare i consumi di prodotti elettronici.
Secondo l’Istat, gli italiani spendono sempre meno. Cali vistosi sono stati evidenziati per calzature e articoli di cuoio (-6,4%), abbigliamento e pellicceria (-5), giochi e giocattoli (-4,9), casalinghi (-4,2), cartoleria libri e giornali (-3,4), utensili e ferramenta (-3,4), foto-ottica (-2,9) e via discorrendo. Sono registrati in calo addirittura prodotti farmaceutici e medicine: -1,1%.
Considerando i dati aggregati, da aprile 2007 ad aprile 2008 le vendite di prodotti non alimentari sono diminuite del 3,4%; quelle alimentari dello 0,8%. Totale: 2,3%. Il dato peggiore dopo la contrazione record della primavera 2005, che toccò un -3,9%.
C’è qualche differenza a livello geografico (al Sud la situazione è decisamente peggiore), ma il fenomeno coinvolge l’intero Bel Paese.
Alto Adige compreso.
Confermano Paolo Pavan, il direttore di Confesercenti, Luciano Defant, il fiduciario per Bolzano dell’Unione commercio, nonché l’amministratore delegato di Omniscom, Alberto Gioia. Il motivo del calo nelle vendite è da ascrivere alla diminuzione del potere d’acquisto di salari e stipendi. A essere colpito, soprattutto il ceto medio. Si salvano gli alimentari, ma abbigliamento e calzature sono in picchiata: negozi semivuoti. Due ulteriori indicatori del disagio dei consumatori sono le svendite, un tempo foriere di code davanti ai negozi e oggi sempre meno frequentate, e le prime avvisaglie di una flessione nelle vendite di prodotti legati alla tecnologia e all’elettronica di consumo.
«Il dato nazionale - commenta Pavan (Confesercenti) - non è sconvolgente, ma è un buon indicatore del clima di sfiducia diffusa. Conferma, insomma, la sensazione generale che abbiamo tutti: il potere d’acquisto degli stipendi è in calo, progressivo, costante. Un trend che pare non invertirsi». Per Pavan, colpito è soprattutto il ceto medio. «Ma anche gli esercenti sono in panne, specie per il caro carburanti. Se la famiglia rinuncia al viaggio in auto, il commerciante deve approvvigonarsi comunque. E il tutto si riflette sui costi di gestione».
Defant (Unione commercio) spiega che nel bilancio familiare le spese alimentari non vengono intaccate più di tanto, per ovvii motivi, anche se i prezzi lievitano. «La globalizzazione dell’economia ha però prodotto un aumento nei costi delle materie prime e dell’energia. Voci che sottraggono una grossa fetta del potere d’acquisto. C’è da augurarsi che la politica economica del nuovo governo sappia intervenire con efficacia».
Volumi di vendita in calo, circa dell’1%, vengono considerati attendibili dall’Ad di Omniscom, Gioia. Che racconta: «I clienti stanno attentissimi: cercano il valore aggiunto dato dalle offerte e dalle promozioni. Chi non si rivolge direttamente ai discount, sceglie spesso i “primi prezzi”. Il nostro marchio in questa fascia è in crescita addirittura del 12%». Sempre in termini di volumi. Comprensibile, visto che in 15 mesi la pasta è cresciuta del 35%, l’olio del 25, i cereali del 20. «Per ora non sono previsti altri grossi aumenti, ma i pensionati soffrono». (da.pa)
I consumatori: le tariffe di chi opera sul libero mercato rimangano basse, altrimenti ritorneremo a Enel o Ae
«Bolletta elettrica, no a nuovi aumenti»
Il Ctcu: le tasche dei consumatori sono vuote, anche Seltrade si astenga
BOLZANO. Bollette elettriche: «No a nuovi aumenti. Le tasche dei consumatori sono vuote. Si astenga anche la locale “Seltrade”». Lo chiede il Centro tutela consumatori utenti che in una nota diffusa ieri sostiene: «I paventati nuovi aumenti delle tariffe elettriche, già le più care d’Europa, previsti per il prossimo 1º luglio non possono rendere sereno il sonno dei consumatori». Le tasche di molte famiglie sono letteralmente vuote e non ce la fanno più a sopportare rincari a destra e a manca, dice il Ctcu. Che lancia un monito anche a chi offre prezzi dell’energia sul libero mercato, particolare a Seltrade. «La tariffa attualmente offerta deve rimanere bloccata, altrimenti verranno meno i vantaggi che il mercato libero attualmente offre. In caso contrario, ai consumatori converrà ritornare al cosiddetto mercato di maggior tutela o scegliere offerte bloccate per due o più anni (vedi Enel Energia o Ae)».
Una famiglia con consumo annuo di 2700 kWh paga attualmente per il cosiddetto servizio di maggior tutela (tariffe fissate dall’Autorità) circa 464 euro l’anno; l’annunciato aumento fino all’8% del prezzo dell’energia comporterebbe un aumento di ben 37 euro all’anno. Per lo stesso livello di consumo Seltrade conteggia attualmente una spesa annua di circa 404 euro, quindi con un risparmio sulle attuali tariffe decise dall’Autorità di 60 euro. «Si tratta di uno sconto che i consumatori stanno valutando di buon grado e terranno in debita considerazione fino a che permane, ovviamente. Dovesse ridursi o nella peggiore delle ipotesi azzerarsi è chiaro che i consumatori che attualmente hanno in corso un contratto sul libero mercato, potrebbero decidere in tempi molto rapidi (entro 30 giorni) di recedere da quello per ritornare a quello di maggior tutela con il vecchio venditore». «Non potremmo - si prosegue nella nota - accettare giustificazioni di aumento delle tariffe legate al solito argomento dell’aumento del costo del petrolio». Localmente, infatti, «ci si fa vanto che la fonte primaria di produzione dell’energia è quella idroelettrica, la quale non ha nulla a che fare con il petrolio».
Il Ctcu chiede anche che venga quanto prima attivato un osservatorio altoatesino dei prezzi di energia e gas.
«Per poter scegliere i consumatori hanno fame di informazioni chiare, trasparenti e aggiornate». (da.pa)