ALTO ADIGE, 05 GIUGNO 2008
Ma i sindacati: anche le aziende facciano qualche sacrificio a favore dei loro dipendenti
Gli imprenditori a Durnwalder: salari più alti solo se crescono produttività e flessibilità
LA LOTTA AL CAROVITA
BOLZANO. «Gli stipendi da mille euro mensili devono appartenere al passato». Questo il diktat del presidente della Provincia Luis Durnwalder. Ma l’economia non ci sta: «Sì agli aumenti degli stipendi, ma solo se in cambio i sindacati accetteranno una maggiore produttività e flessibilità». Nessun regalo, specificano, perché di sacrifici le aziende ne hanno fatti anche troppi. «Il governo Prodi ci ha rovinati», si lamenta ad esempio il presidente degli albergatori Walter Meister. Ma la Cgil non è dello stesso avviso: «Le imprese devono fare la loro parte», attacca il segretario provinciale Lorenzo Sola. Intanto l’Ipl comunica i dati sul numero degli altoatesini che guadagnano meno di mille euro netti mensili: sono il 26% dei lavoratori.
Un altoatesino su quattro alla fine del mese si ritrova con meno di mille euro in busta paga. L’11,8% percepisce una retribuzione netta mensile inferiore agli 800 euro, un altro 14,5% non arriva ai mille euro. I dati provengono da uno studio dell’Istituto per la promozione dei lavoratori. Il fatto che tanti lavoratori guadagnino così poco è giustificato dall’elevata incidenza del part-time: infatti, quasi l’80% dei dipendenti a tempo parziale non arriva ai mille euro netti mensili. Ma anche tra i dipendenti full-time c’è un 10,9% di lavoratori che nonostante l’impiego a tempo pieno non supera i mille euro in busta paga. In più ci sono apprendisti e lavoratori atipici: quasi il 55% dei dipendenti appartenenti a questa categoria guadagnano meno di mille euro mensili.
Il problema riguarda sia il pubblico sia il privato, anche se nel primo caso si tratta soprattutto di lavoratori part-time, mentre nel secondo ci sono intere categorie - ad esempio nel settore delle pulizie o dell’agricoltura - che anche se impiegati a tempo fisso hanno stipendi inferiori ai mille euro. Il presidente della Provincia Durnwalder vuole che in futuro non sia più così e si è impegnato per trattare con sindacati e associazioni datoriali. Una trattativa in cui la Provincia dovrà fungere soprattutto da mediatore, visto che non esiste la possibilità giuridica di fissare per decreto un salario minimo. Però l’esecutivo ha una grande forza contrattuale: potrebbe ad esempio prevedere incentivi per le aziende più attente ai propri dipendenti oppure elargire contributi maggiori a quei settori economici che fimrnao i contratti territoriali più vantaggiosi per i dipendenti. «Dobbiamo trovare una soluzione tutti assieme», ha spiegato il “Landeshauptmann”. L’impresa però si preannuncia ardua, perché l’economia è stufa di fare sacrifici. Spiega Walter Meister, presidente dell’Hgv: «A parte il fatto che nel turismo praticamente tutti guadagnano almeno mille euro mensili, vorrei ricordare alla politica che la soluzione al problema carovita non può essere solo quella di alzare gli stipendi. Più soldi ai dipendenti? Benissimo, ma a patto che ci sia un aumento delle prestazioni, con una crescita del monte ore o una maggiore flessibilità attraverso la reintroduzione del lavoro a chiamata. Noi imprenditori non possiamo sempre dare, e credo che gli stessi dipendenti siano disposti a lavorare di più in cambio di stipendi più alti». Sulla stessa linea anche Walter Amort, presidente dell’Unione commercio e numero uno del Wirtschaftsring: «Sappiamo che ci sono settori dove bisogna recuperare. Però anche le imprese devono guadagnare e questo può accadere solo con un aumento di produttività e flessibilità, senza dimenticare la diminuzione degli oneri contributivi a carico delle aziende». Replica Lorenzo Sola della Cgil: «Le aziende devono smetterla di chiedere solo tagli dei contributio a loro carico. Anche loro devono fare qualcosa per i propri dipendenti».
«La Provincia deve imporsi»
Il vicedirettore dell’Ipl: integrativi locali unica soluzione
La produttività più alta delle imprese altoatesine non è stata girata a vantaggio dei dipendenti: i loro redditi sono fermi
BOLZANO. In queste settimane l’Istituto per la promozione dei lavoratori sta raccogliendo i nuovi dati relativi ai redditi dei lavoratori altoatesini. «Ma rispetto all’ultima indagine - spiega il vicedirettore dell’Ipl Mario Giovannacci, che l’ha curata - non ci aspettiamo grandi cambiamenti».
Possibile che un quarto degli altoatesini non arrivi a guadagnare mille euro al mese?
Purtroppo questa è la realtà. Almeno questo dicono gli importi in busta paga. Poi ci sono magari delle somme pagate in nero o premi di produzione dati in contanti fuori busta.
Ma l’Alto Adige non è la provincia col Pil pro capite più alto d’Italia?
In effetti il Pil provinciale continua a crescere. Negli ultimi anni in Alto Adige il Pil ha continuato ad aumentare del 2%, anche a fronte di crescita nulla in Italia o Germania. Il problema è che questa maggiore produttività non è stata girata ai lavoratori in busta paga. Gli stipendi sono rimasti fermi come quelli del resto del Paese.
E da questa situazione come se ne esce?
Attraverso i contratti integrativi provinciali. Sono previsti dalla legge, solo che in molti casi non vengono rinnovati e in altri incidono in maniera del tutto marginale. Per il commercio sono ad esempio previsti 400 euro lordi in più all’anno, praticamente niente. Poi ci sarebbero i contratti integrativi aziendali, che però sono diffusi solo tra le grandi imprese, mentre in Alto Adige le aziende sono quasi sempre di piccole dimensioni.
Ma la Provincia cosa può fare?
Può fare molto. L’ente pubblico ha un grande potere di persuasione. Bisogna tornare alla vera concertazione, al modello tedesco della “Sozialpartnerschaft”. La Provincia potrebbe ad esempio prevedere un ribasso dell’Irap per chi prevede contratti particolarmente vantaggiosi per i dipendenti oppure concedere i contributi ai vari settori in base alla sottoscrizione dei contratti territoriali. In pratica, si potrebbero favorire degli accordi locali con i contratti di lavoro che andrebbero così adeguati alla situazione altoatesina.
Con quali vantaggi?
Ad esempio le politiche di welfare potrebbero essere rivolte in particolare alle persone che si trovano al di fuori del mercato del lavoro.
Torniamo alle retribuzioni: davvero ci sono contratti collettivi che prevedono retribuzioni inferiori ai mille euro?
Sì, ad esempio il contratto per il settore delle pulizie. Oppure quello del commercio. Ci sono figure professionali che effettivamente guadagnano pochissimo anche se lavorano a tempo pieno. Il problema è che pochi lo sanno, anche tra gli stessi amministratori politici. (mi.m.)
Ma i sindacati: anche le aziende facciano qualche sacrificio a favore dei loro dipendenti
Gli imprenditori a Durnwalder: salari più alti solo se crescono produttività e flessibilità
LA LOTTA AL CAROVITA
BOLZANO. «Gli stipendi da mille euro mensili devono appartenere al passato». Questo il diktat del presidente della Provincia Luis Durnwalder. Ma l’economia non ci sta: «Sì agli aumenti degli stipendi, ma solo se in cambio i sindacati accetteranno una maggiore produttività e flessibilità». Nessun regalo, specificano, perché di sacrifici le aziende ne hanno fatti anche troppi. «Il governo Prodi ci ha rovinati», si lamenta ad esempio il presidente degli albergatori Walter Meister. Ma la Cgil non è dello stesso avviso: «Le imprese devono fare la loro parte», attacca il segretario provinciale Lorenzo Sola. Intanto l’Ipl comunica i dati sul numero degli altoatesini che guadagnano meno di mille euro netti mensili: sono il 26% dei lavoratori.
Un altoatesino su quattro alla fine del mese si ritrova con meno di mille euro in busta paga. L’11,8% percepisce una retribuzione netta mensile inferiore agli 800 euro, un altro 14,5% non arriva ai mille euro. I dati provengono da uno studio dell’Istituto per la promozione dei lavoratori. Il fatto che tanti lavoratori guadagnino così poco è giustificato dall’elevata incidenza del part-time: infatti, quasi l’80% dei dipendenti a tempo parziale non arriva ai mille euro netti mensili. Ma anche tra i dipendenti full-time c’è un 10,9% di lavoratori che nonostante l’impiego a tempo pieno non supera i mille euro in busta paga. In più ci sono apprendisti e lavoratori atipici: quasi il 55% dei dipendenti appartenenti a questa categoria guadagnano meno di mille euro mensili.
Il problema riguarda sia il pubblico sia il privato, anche se nel primo caso si tratta soprattutto di lavoratori part-time, mentre nel secondo ci sono intere categorie - ad esempio nel settore delle pulizie o dell’agricoltura - che anche se impiegati a tempo fisso hanno stipendi inferiori ai mille euro. Il presidente della Provincia Durnwalder vuole che in futuro non sia più così e si è impegnato per trattare con sindacati e associazioni datoriali. Una trattativa in cui la Provincia dovrà fungere soprattutto da mediatore, visto che non esiste la possibilità giuridica di fissare per decreto un salario minimo. Però l’esecutivo ha una grande forza contrattuale: potrebbe ad esempio prevedere incentivi per le aziende più attente ai propri dipendenti oppure elargire contributi maggiori a quei settori economici che fimrnao i contratti territoriali più vantaggiosi per i dipendenti. «Dobbiamo trovare una soluzione tutti assieme», ha spiegato il “Landeshauptmann”. L’impresa però si preannuncia ardua, perché l’economia è stufa di fare sacrifici. Spiega Walter Meister, presidente dell’Hgv: «A parte il fatto che nel turismo praticamente tutti guadagnano almeno mille euro mensili, vorrei ricordare alla politica che la soluzione al problema carovita non può essere solo quella di alzare gli stipendi. Più soldi ai dipendenti? Benissimo, ma a patto che ci sia un aumento delle prestazioni, con una crescita del monte ore o una maggiore flessibilità attraverso la reintroduzione del lavoro a chiamata. Noi imprenditori non possiamo sempre dare, e credo che gli stessi dipendenti siano disposti a lavorare di più in cambio di stipendi più alti». Sulla stessa linea anche Walter Amort, presidente dell’Unione commercio e numero uno del Wirtschaftsring: «Sappiamo che ci sono settori dove bisogna recuperare. Però anche le imprese devono guadagnare e questo può accadere solo con un aumento di produttività e flessibilità, senza dimenticare la diminuzione degli oneri contributivi a carico delle aziende». Replica Lorenzo Sola della Cgil: «Le aziende devono smetterla di chiedere solo tagli dei contributio a loro carico. Anche loro devono fare qualcosa per i propri dipendenti».
«La Provincia deve imporsi»
Il vicedirettore dell’Ipl: integrativi locali unica soluzione
La produttività più alta delle imprese altoatesine non è stata girata a vantaggio dei dipendenti: i loro redditi sono fermi
BOLZANO. In queste settimane l’Istituto per la promozione dei lavoratori sta raccogliendo i nuovi dati relativi ai redditi dei lavoratori altoatesini. «Ma rispetto all’ultima indagine - spiega il vicedirettore dell’Ipl Mario Giovannacci, che l’ha curata - non ci aspettiamo grandi cambiamenti».
Possibile che un quarto degli altoatesini non arrivi a guadagnare mille euro al mese?
Purtroppo questa è la realtà. Almeno questo dicono gli importi in busta paga. Poi ci sono magari delle somme pagate in nero o premi di produzione dati in contanti fuori busta.
Ma l’Alto Adige non è la provincia col Pil pro capite più alto d’Italia?
In effetti il Pil provinciale continua a crescere. Negli ultimi anni in Alto Adige il Pil ha continuato ad aumentare del 2%, anche a fronte di crescita nulla in Italia o Germania. Il problema è che questa maggiore produttività non è stata girata ai lavoratori in busta paga. Gli stipendi sono rimasti fermi come quelli del resto del Paese.
E da questa situazione come se ne esce?
Attraverso i contratti integrativi provinciali. Sono previsti dalla legge, solo che in molti casi non vengono rinnovati e in altri incidono in maniera del tutto marginale. Per il commercio sono ad esempio previsti 400 euro lordi in più all’anno, praticamente niente. Poi ci sarebbero i contratti integrativi aziendali, che però sono diffusi solo tra le grandi imprese, mentre in Alto Adige le aziende sono quasi sempre di piccole dimensioni.
Ma la Provincia cosa può fare?
Può fare molto. L’ente pubblico ha un grande potere di persuasione. Bisogna tornare alla vera concertazione, al modello tedesco della “Sozialpartnerschaft”. La Provincia potrebbe ad esempio prevedere un ribasso dell’Irap per chi prevede contratti particolarmente vantaggiosi per i dipendenti oppure concedere i contributi ai vari settori in base alla sottoscrizione dei contratti territoriali. In pratica, si potrebbero favorire degli accordi locali con i contratti di lavoro che andrebbero così adeguati alla situazione altoatesina.
Con quali vantaggi?
Ad esempio le politiche di welfare potrebbero essere rivolte in particolare alle persone che si trovano al di fuori del mercato del lavoro.
Torniamo alle retribuzioni: davvero ci sono contratti collettivi che prevedono retribuzioni inferiori ai mille euro?
Sì, ad esempio il contratto per il settore delle pulizie. Oppure quello del commercio. Ci sono figure professionali che effettivamente guadagnano pochissimo anche se lavorano a tempo pieno. Il problema è che pochi lo sanno, anche tra gli stessi amministratori politici. (mi.m.)
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