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mercoledì 11 febbraio 2009






Al Sindaco del Comune di  Laives


All’Assessore competente


 


INTERROGAZIONE


 


Oggetto: Mensa: qualità delle pietanze e spreco di alimenti


Nel verbale  Nr. 3 della riunione del comitato genitori dell’Istituto Comprensivo Laives 1 di mercoledi’ 14 gennaio 2009 si può leggere: ”Alcuni genitori si sono lamentati con l’assessore dott.ssa Di Fede sulla qualità della mensa della scuola media, riguardo alla qualità delle pietanze servite. Inoltre è stato verificato da un genitore che sono stati distribuiti yogurt scaduti da oltre una settimana. La dott.ssa Di Fede s’incarica personalmente di discuterne con il capo cuoco del comune e con la ditta SR che gestisce il servizio mensa, per cercare di risolvere il problema”.


Poiché da qualche tempo sono giunte anche a noi alcune voci che confermerebbero quanto lamentato da questi genitori ed inoltre che vi sarebbe un elevato spreco di alimenti,


 


il sottoscritto consigliere comunale chiede di sapere:


 



  1. a quale esito abbiano condotto i colloqui con il capo cuoco del comune e con la ditta SR che gestisce il servizio mensa;

  2. se i problemi sollevati dai genitori siano stati risolti.

  3. se corrisponda al vero che buona parte delle pietanze servite agli alunni non vengano consumate;

  4. se vi siano giornate in cui questo fenomeno sia maggiormente accentuato e se dipenda dalla qualità del cibo servito o da altre cause;

  5. se si sia in grado di quantificare il rapporto tra cibo consumato e sprecato;

  6. se parte delle pietanze consumate possano essere o vengano in qualche modo riutilizzate;

  7. se sia mai stato fatto un calcolo dei costi economici di questi sprechi;

  8. se in base alle esperienze pregresse si intenda intervenire per ridurre sprechi e costi e in quali modi.


 


Si richiede cortesemente risposta scritta.


 


                                                                       Il Consigliere comunale


                                                                       Rosario Grasso


 


Laives, li 5 febbraio 2009






Al Sindaco del Comune di  Laives


All’Assessore competente


 


INTERROGAZIONE


 


Oggetto: Mensa: qualità delle pietanze e spreco di alimenti


Nel verbale  Nr. 3 della riunione del comitato genitori dell’Istituto Comprensivo Laives 1 di mercoledi’ 14 gennaio 2009 si può leggere: ”Alcuni genitori si sono lamentati con l’assessore dott.ssa Di Fede sulla qualità della mensa della scuola media, riguardo alla qualità delle pietanze servite. Inoltre è stato verificato da un genitore che sono stati distribuiti yogurt scaduti da oltre una settimana. La dott.ssa Di Fede s’incarica personalmente di discuterne con il capo cuoco del comune e con la ditta SR che gestisce il servizio mensa, per cercare di risolvere il problema”.


Poiché da qualche tempo sono giunte anche a noi alcune voci che confermerebbero quanto lamentato da questi genitori ed inoltre che vi sarebbe un elevato spreco di alimenti,


 


il sottoscritto consigliere comunale chiede di sapere:


 



  1. a quale esito abbiano condotto i colloqui con il capo cuoco del comune e con la ditta SR che gestisce il servizio mensa;

  2. se i problemi sollevati dai genitori siano stati risolti.

  3. se corrisponda al vero che buona parte delle pietanze servite agli alunni non vengano consumate;

  4. se vi siano giornate in cui questo fenomeno sia maggiormente accentuato e se dipenda dalla qualità del cibo servito o da altre cause;

  5. se si sia in grado di quantificare il rapporto tra cibo consumato e sprecato;

  6. se parte delle pietanze consumate possano essere o vengano in qualche modo riutilizzate;

  7. se sia mai stato fatto un calcolo dei costi economici di questi sprechi;

  8. se in base alle esperienze pregresse si intenda intervenire per ridurre sprechi e costi e in quali modi.


 


Si richiede cortesemente risposta scritta.


 


                                                                       Il Consigliere comunale


                                                                       Rosario Grasso


 


Laives, li 5 febbraio 2009

martedì 10 febbraio 2009

ALTO ADIGE - MARTEDÌ, 10 FEBBRAIO 2009



La coop lacerata. La protesta di 70 socie: «Non ne possiamo più della gestione che è eccessivamente dirigistica»



«Casa Bimbo», stasera alle 20 assemblea bollente





LAIVES. Tensioni continue a “Casa Bimbo” che ha in calendario questa sera alle ore 20 un’assemblea (fissata dal giudice) nella sede di via Noldin che si annuncia bollente per discutere del futuro della cooperativa. Nata dodici anni fa da una costola di Confcoop “Casa Bimbo” ha all’attivo una novantina di socie in tutto e gestisce nell’intero Alto Adige diciannove strutture per l’infanzia, una trentina di Tagesmutter oltre ad avere altre sedi in varie zone del Nord Italia. «La cooperativa che un anno e mezzo fa ha deciso di staccarsi dalla “casa madre” negli ultimi mesi - lamentano una settantina di socie esasperate - vive un momento di disagio profondo dovuto ad una gestione eccessivamente dirigistica del vertice. Non possiamo dire nulla, protestano le socie, se osiamo parlare o siamo in disaccordo con i vertici ci cacciano e noi ne possiamo più di avere a che fare con una gestione imbarazzante e poco trasparente. È già successo infatti che una trentina di lavoratrici siano state allontanate con motivi pretestuosi perché non erano in sintonia con la leadership e questo non deve più accadere anche perché c’è chi ha perso il posto di lavoro. Certo è che così non possiamo più andare avanti. Per far funzionare l’assemblea di questa sera abbiamo chiesto anche l’intervento di due avvocati. Il punto centrale della questione - continuano - sarà proprio la messa in discussione della leadership che continua a fare il bello ed il cattivo tempo».
ALTO ADIGE - MARTEDÌ, 10 FEBBRAIO 2009



La coop lacerata. La protesta di 70 socie: «Non ne possiamo più della gestione che è eccessivamente dirigistica»



«Casa Bimbo», stasera alle 20 assemblea bollente





LAIVES. Tensioni continue a “Casa Bimbo” che ha in calendario questa sera alle ore 20 un’assemblea (fissata dal giudice) nella sede di via Noldin che si annuncia bollente per discutere del futuro della cooperativa. Nata dodici anni fa da una costola di Confcoop “Casa Bimbo” ha all’attivo una novantina di socie in tutto e gestisce nell’intero Alto Adige diciannove strutture per l’infanzia, una trentina di Tagesmutter oltre ad avere altre sedi in varie zone del Nord Italia. «La cooperativa che un anno e mezzo fa ha deciso di staccarsi dalla “casa madre” negli ultimi mesi - lamentano una settantina di socie esasperate - vive un momento di disagio profondo dovuto ad una gestione eccessivamente dirigistica del vertice. Non possiamo dire nulla, protestano le socie, se osiamo parlare o siamo in disaccordo con i vertici ci cacciano e noi ne possiamo più di avere a che fare con una gestione imbarazzante e poco trasparente. È già successo infatti che una trentina di lavoratrici siano state allontanate con motivi pretestuosi perché non erano in sintonia con la leadership e questo non deve più accadere anche perché c’è chi ha perso il posto di lavoro. Certo è che così non possiamo più andare avanti. Per far funzionare l’assemblea di questa sera abbiamo chiesto anche l’intervento di due avvocati. Il punto centrale della questione - continuano - sarà proprio la messa in discussione della leadership che continua a fare il bello ed il cattivo tempo».

«I nostri prezzi? Convenienti»

ALTO ADIGE - MARTEDÌ, 10 FEBBRAIO 2009



Ebner: poche le differenze qui si privilegia la qualità



La Camera di commercio: siamo sugli stessi livelli di Trento mentre Innsbruck è più cara




BOLZANO. Stessi prezzi per gli stessi prodotti. Acquistando un paniere di una ventina di prodotti identici a Bolzano e Trento, la differenza di prezzo è pari ad un misero 0,1%. Mentre Innsbruck è molto più cara. Questo almeno sostiene la Camera di commercio. I bolzanini però quando vanno al supermercato spendono di più: «È perché scelgono prodotti migliori», spiega Michl Ebner.

Bolzano è la città più cara? Soltanto in apparenza, assicura l’istituto di ricerca economica della Camera di commercio. Perché se si confrontano i prezzi degli stessi prodotti, allora Trento non è poi tanto più conveniente e Innsbruck è addirittura più cara del 16,4%.

«Tra i consumatori - afferma il presidente della Camera di commercio Michl Ebner - c’è tanta incertezza. Se però il confronto prezzi viene fatto su una base oggettiva, e quindi considerando prodotti simili per marca, qualità e confezione, allora non si può dire che Bolzano è più cara. Infatti, dalla nostra analisi risulta che solo in pochi casi il capoluogo altoatesino è più costoso di Trento o Innsbruck». I risultati del confronto prezzi dell’Ire in effetti sono sorprendenti: fatto 100 il livello dei prezzi di Bolzano, Trento si attesterebbe a un livello quasi identico, ma comunque più elevato (0,1%) con Innsbruck che invece fa registrare un livello pari a 116,4.

Meglio acquistare a Bolzano il pane, la pasta, le carote, le cipolle, il dentifricio, le mele o l’olio extravergine, Trento è più conveniente per riso, carne, grana padano, uova e patate, mentre Innsbruck è la meno cara per speck, banane e pannolini. Ma allora come si spiega che i prezzi di Bolzano ai bolzanini sembrano più cari, tanto che molti di loro decidono di fare acquisti in Tirolo o Trentino? Soltanto una percezione sbagliata? Non del tutto, replica Michl Ebner. «Il fatto è che i consumatori altoatesini danno molta importanza alla qualità. E questo incide sulle rilevazioni dei prezzi, come ad esempio quella dell’Astat, che prendono a riferimento i prodotti più venduti. Su queste indagini incidono automaticamente anche le abitudini locali dei consumatori». In pratica, dice Ebner, i bolzani comprano prodotti migliori rispetto a trentini e tirolesi e quindi è normale che spendano di più. «Anche se - aggiunge Ebner - anche in questo tipo di rilevazione Innsbruck è la più cara». Fatto 100 il livello dei prezzi del prodotto più venduto a Bolzano, a Trento si scende ad un indice pari a 92,9 mentre Innsbruck registra un indice di 100,6.

Il presidente della Camera di commercio chiude con un ragionamento sull’inflazione, che proprio in questi giorni a Bolzano ha registrato un’ulteriore frenata: «Bisogna fare attenzione a non confondere il livello dei prezzi con la dinamica della loro variazione - avverte Ebner -. Lo scorso anno l’Alto Adige, come del resto molti altri Paesi europei, ha dovuto combattere contro un tasso d’inflazione relativamente alto, che oscillava tra il 4% e il 6%. Ora però si registrano nuovamente segnali positivi: il tasso d’inflazione di gennaio si è assestato sull’1,7% e quindi è tornato a livelli normali». (mi.m.)

«I nostri prezzi? Convenienti»

ALTO ADIGE - MARTEDÌ, 10 FEBBRAIO 2009



Ebner: poche le differenze qui si privilegia la qualità



La Camera di commercio: siamo sugli stessi livelli di Trento mentre Innsbruck è più cara




BOLZANO. Stessi prezzi per gli stessi prodotti. Acquistando un paniere di una ventina di prodotti identici a Bolzano e Trento, la differenza di prezzo è pari ad un misero 0,1%. Mentre Innsbruck è molto più cara. Questo almeno sostiene la Camera di commercio. I bolzanini però quando vanno al supermercato spendono di più: «È perché scelgono prodotti migliori», spiega Michl Ebner.

Bolzano è la città più cara? Soltanto in apparenza, assicura l’istituto di ricerca economica della Camera di commercio. Perché se si confrontano i prezzi degli stessi prodotti, allora Trento non è poi tanto più conveniente e Innsbruck è addirittura più cara del 16,4%.

«Tra i consumatori - afferma il presidente della Camera di commercio Michl Ebner - c’è tanta incertezza. Se però il confronto prezzi viene fatto su una base oggettiva, e quindi considerando prodotti simili per marca, qualità e confezione, allora non si può dire che Bolzano è più cara. Infatti, dalla nostra analisi risulta che solo in pochi casi il capoluogo altoatesino è più costoso di Trento o Innsbruck». I risultati del confronto prezzi dell’Ire in effetti sono sorprendenti: fatto 100 il livello dei prezzi di Bolzano, Trento si attesterebbe a un livello quasi identico, ma comunque più elevato (0,1%) con Innsbruck che invece fa registrare un livello pari a 116,4.

Meglio acquistare a Bolzano il pane, la pasta, le carote, le cipolle, il dentifricio, le mele o l’olio extravergine, Trento è più conveniente per riso, carne, grana padano, uova e patate, mentre Innsbruck è la meno cara per speck, banane e pannolini. Ma allora come si spiega che i prezzi di Bolzano ai bolzanini sembrano più cari, tanto che molti di loro decidono di fare acquisti in Tirolo o Trentino? Soltanto una percezione sbagliata? Non del tutto, replica Michl Ebner. «Il fatto è che i consumatori altoatesini danno molta importanza alla qualità. E questo incide sulle rilevazioni dei prezzi, come ad esempio quella dell’Astat, che prendono a riferimento i prodotti più venduti. Su queste indagini incidono automaticamente anche le abitudini locali dei consumatori». In pratica, dice Ebner, i bolzani comprano prodotti migliori rispetto a trentini e tirolesi e quindi è normale che spendano di più. «Anche se - aggiunge Ebner - anche in questo tipo di rilevazione Innsbruck è la più cara». Fatto 100 il livello dei prezzi del prodotto più venduto a Bolzano, a Trento si scende ad un indice pari a 92,9 mentre Innsbruck registra un indice di 100,6.

Il presidente della Camera di commercio chiude con un ragionamento sull’inflazione, che proprio in questi giorni a Bolzano ha registrato un’ulteriore frenata: «Bisogna fare attenzione a non confondere il livello dei prezzi con la dinamica della loro variazione - avverte Ebner -. Lo scorso anno l’Alto Adige, come del resto molti altri Paesi europei, ha dovuto combattere contro un tasso d’inflazione relativamente alto, che oscillava tra il 4% e il 6%. Ora però si registrano nuovamente segnali positivi: il tasso d’inflazione di gennaio si è assestato sull’1,7% e quindi è tornato a livelli normali». (mi.m.)

venerdì 6 febbraio 2009

SAN GIACOMO: la frazione ha diritto alla sua scuola.






In merito al ventilato scioglimento del consorzio della scuola elementare di S. Giacomo ed allo spostamento dei bambini di Maso della Pieve ad Oltrisarco, sono necessarie alcune precisazioni al fine di non ingenerare confusione.


Innanzitutto deve essere chiaro che non sussiste nessun obbligo per le famiglie di spostare i propri figli in una scuola piuttosto che in un'altra e quindi il comune di Bolzano non può costringere le famiglie ad iscrivere i propri figli nel quartiere bolzanino.


Occorre invece un impegno deciso da parte dell’amministrazione di Laives per rafforzare le sperimentazioni, e a procedere senza indugi alla costruzione della mensa perché solo cosí si avrebbe un ampliamento dell'offerta e si  renderebbe più appetibile frequentare le scuole a S. Giacomo.


Certo non sarebbe male sentire preventivamente anche il parere e gli orientamenti dei genitori o attraverso un'inchiesta e/o organizzando un'assemblea al fine di coinvolgere le famiglie e renderle partecipi di un progetto chiarendo gli aspetti positivi legati al mantenimento di una scuola, sí piccola, ma all’avanguardia sul piano didattico.


Attendere invece le decisioni di Bolzano senza nulla intraprendere ci pare la cosa più sbagliata.


Diverso è il discorso per la compartecipazione al consorzio: qui il comune di Bolzano è libero di fare le proprie valutazioni e le proprie scelte, ma in ogni caso non potrebbe non contribuire alle spese qualora la maggioranza dei bambini abitanti nel quartiere del capoluogo provinciale continuassero a frequentare la scuola nel nostro comune.


Da una parte è dunque necessaria un’opera di convincimento e di sensibilizzazione delle famiglie e dall’altra una trattativa con Bolzano che metta al primo posto non le esigenze di bilancio delle due amministrazione, ma il primario interesse ad una scuola e a servizi di qualitá da parte di una comunitá giá fortemente penalizzata dalla divisione su due comuni diversi.


 


Rifondazione Comunista - Laives

SAN GIACOMO: la frazione ha diritto alla sua scuola.






In merito al ventilato scioglimento del consorzio della scuola elementare di S. Giacomo ed allo spostamento dei bambini di Maso della Pieve ad Oltrisarco, sono necessarie alcune precisazioni al fine di non ingenerare confusione.


Innanzitutto deve essere chiaro che non sussiste nessun obbligo per le famiglie di spostare i propri figli in una scuola piuttosto che in un'altra e quindi il comune di Bolzano non può costringere le famiglie ad iscrivere i propri figli nel quartiere bolzanino.


Occorre invece un impegno deciso da parte dell’amministrazione di Laives per rafforzare le sperimentazioni, e a procedere senza indugi alla costruzione della mensa perché solo cosí si avrebbe un ampliamento dell'offerta e si  renderebbe più appetibile frequentare le scuole a S. Giacomo.


Certo non sarebbe male sentire preventivamente anche il parere e gli orientamenti dei genitori o attraverso un'inchiesta e/o organizzando un'assemblea al fine di coinvolgere le famiglie e renderle partecipi di un progetto chiarendo gli aspetti positivi legati al mantenimento di una scuola, sí piccola, ma all’avanguardia sul piano didattico.


Attendere invece le decisioni di Bolzano senza nulla intraprendere ci pare la cosa più sbagliata.


Diverso è il discorso per la compartecipazione al consorzio: qui il comune di Bolzano è libero di fare le proprie valutazioni e le proprie scelte, ma in ogni caso non potrebbe non contribuire alle spese qualora la maggioranza dei bambini abitanti nel quartiere del capoluogo provinciale continuassero a frequentare la scuola nel nostro comune.


Da una parte è dunque necessaria un’opera di convincimento e di sensibilizzazione delle famiglie e dall’altra una trattativa con Bolzano che metta al primo posto non le esigenze di bilancio delle due amministrazione, ma il primario interesse ad una scuola e a servizi di qualitá da parte di una comunitá giá fortemente penalizzata dalla divisione su due comuni diversi.


 


Rifondazione Comunista - Laives

Il Mercato generale rilancia

ALTO ADIGE - VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2009





Serie di iniziative: prezzi bassi, prodotti di qualità





BOLZANO. Il Mercato generale scende in campo contro il carovita, con una serie di iniziative dedicate alla cittadinanza, dai bambini delle elementari fino agli anziani.

Anche se l’inflazione è data in discesa, infatti, i prezzi di cibi e bevande, nell’ultimo anno, sono aumentati addirittura del 4,6%. E, tenendo conto che la voce specifica pesa per oltre il 10% sul paniere di prodotti acquistati dalle famiglie altoatesine, l’aumento non è cosa da poco, motivo per cui si devono tentare tutte le strade per venire incontro ai cittadini.

E allora, ecco scendere in campo il mercato generale dei Piani, per il 54% di proprietà del Comune. Come ha spiegato ieri la presidente, Alda Picone, «sempre più cittadini si rivolgono alla nostra struttura, tanto che nel 2008 i clienti sono aumentati circa del 12%. Siamo passati da 130mila a 150mila contatti l’anno; ogni giorno si servono qui 500 persone. Ma non basta, vogliamo ampliare ancora la clientela».

Si è così deciso di mettere in campo una lunga serie di iniziative per promuovere sia un consumo consapevole sia la conoscenza dei prodotti locali, oltre alla diffusione di buone pratiche per una corretta e sana alimentazione, basata in larga parte su prodotti locali e di stagione. «Più sani e meno cari».

Nel 2009, in collaborazione con l’Upad, saranno proposte dal mercato generale diverse giornate a tema nell’ambito delle cosiddette Stagioni del gusto. Si comincia il 14 febbraio con la Giornata del cavolo verza e cappuccio. Ma ci sarà anche una Giornata delle erbe aromatiche e tanto altro. Per ottobre è in programma pure un convegno, cui dovrebbe prendere parte anche il ministro per la Salute e il Welfare Maurizio Sacconi, incentrato sulla tracciabilità dei prodotti agro-alimentari.

Un’altra importante iniziativa, in collaborazione con l’associazione Anteas-Agas, partirà a breve: ogni settimana, il lunedì e il giovedì, un pulmino accompagnerà gli anziani dai vari quartieri fino ai Piani, per fare la spesa. In programma, nell’ambito del progetto Bolzano città del benessere, anche i Percorsi di sana alimentazione. Con la collaborazione di 12 partner locali, fra i quali Comune, Asl, Tis e fondazione Vital, per due anni e mezzo verranno organizzati incontri e manifestazioni. Sfruttando la legge provinciale sull’innovazione, il programma potrà contare su un finanziamento di 950mila euro, fino al 2011. Con l’occasione, Picone ha anche lanciato un accorato appello: «Speriamo che il Comune, nel 2010, ci rinnovi la convenzione; sarebbe un vero peccato chiudere il Mercato». (da.pa)

Il Mercato generale rilancia

ALTO ADIGE - VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2009





Serie di iniziative: prezzi bassi, prodotti di qualità





BOLZANO. Il Mercato generale scende in campo contro il carovita, con una serie di iniziative dedicate alla cittadinanza, dai bambini delle elementari fino agli anziani.

Anche se l’inflazione è data in discesa, infatti, i prezzi di cibi e bevande, nell’ultimo anno, sono aumentati addirittura del 4,6%. E, tenendo conto che la voce specifica pesa per oltre il 10% sul paniere di prodotti acquistati dalle famiglie altoatesine, l’aumento non è cosa da poco, motivo per cui si devono tentare tutte le strade per venire incontro ai cittadini.

E allora, ecco scendere in campo il mercato generale dei Piani, per il 54% di proprietà del Comune. Come ha spiegato ieri la presidente, Alda Picone, «sempre più cittadini si rivolgono alla nostra struttura, tanto che nel 2008 i clienti sono aumentati circa del 12%. Siamo passati da 130mila a 150mila contatti l’anno; ogni giorno si servono qui 500 persone. Ma non basta, vogliamo ampliare ancora la clientela».

Si è così deciso di mettere in campo una lunga serie di iniziative per promuovere sia un consumo consapevole sia la conoscenza dei prodotti locali, oltre alla diffusione di buone pratiche per una corretta e sana alimentazione, basata in larga parte su prodotti locali e di stagione. «Più sani e meno cari».

Nel 2009, in collaborazione con l’Upad, saranno proposte dal mercato generale diverse giornate a tema nell’ambito delle cosiddette Stagioni del gusto. Si comincia il 14 febbraio con la Giornata del cavolo verza e cappuccio. Ma ci sarà anche una Giornata delle erbe aromatiche e tanto altro. Per ottobre è in programma pure un convegno, cui dovrebbe prendere parte anche il ministro per la Salute e il Welfare Maurizio Sacconi, incentrato sulla tracciabilità dei prodotti agro-alimentari.

Un’altra importante iniziativa, in collaborazione con l’associazione Anteas-Agas, partirà a breve: ogni settimana, il lunedì e il giovedì, un pulmino accompagnerà gli anziani dai vari quartieri fino ai Piani, per fare la spesa. In programma, nell’ambito del progetto Bolzano città del benessere, anche i Percorsi di sana alimentazione. Con la collaborazione di 12 partner locali, fra i quali Comune, Asl, Tis e fondazione Vital, per due anni e mezzo verranno organizzati incontri e manifestazioni. Sfruttando la legge provinciale sull’innovazione, il programma potrà contare su un finanziamento di 950mila euro, fino al 2011. Con l’occasione, Picone ha anche lanciato un accorato appello: «Speriamo che il Comune, nel 2010, ci rinnovi la convenzione; sarebbe un vero peccato chiudere il Mercato». (da.pa)

Rallenta l’inflazione: in gennaio scende all’1,7%

ALTO ADIGE  VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2009



Il Comune: in gennaio nessun capitolo di spesa è cresciuto. Prezzi stabili o in discesa



Crollo per i trasporti e le comunicazioni. Ma in un anno alimentari cresciuti del 4,6%





I CORDONI DELLA BORSA



BOLZANO. In linea con i dati nazionali, anche in Alto Adige l’inflazione sta rallentando. A gennaio, infatti, l’indice generale dei prezzi al consumo per l’intera collettività è diminuito dello 0,5% rispetto allo scorso mese di dicembre, mentre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente è in aumento dell’1,7%. Insomma, dopo l’esplosione dei prezzi di luglio, dovuta soprattutto all’impennata del prezzo del greggio a livello mondiale, l’inflazione ha cominciato a scendere. Se a luglio l’inflazione tendenziale, ossia rispetto all’anno precedente, era del 4,8% ora siamo scesi all’1,7%. In gennaio, in particolare, nessun capitolo del paniere considerato per la raccolta dei dati ha segnato aumenti. Ma nell’ultimo anno gli alimentari sono saliti del 4,6%.

Ieri, nel corso di una conferenza stampa indetta in occasione della prima riunione annuale della commissione prezzi del Comune, l’assessore competente, Silvano Baratta, ha illustrato i dati sull’andamento dei prezzi a gennaio. La prima considerazione ha riguardato l’indice generale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, il cosiddetto Nic con tabacchi. L’indice è diminuito dello 0,5% rispetto al mese di dicembre 2008, mentre rispetto allo stesso mese dell’anno scorso è in aumento dell’1,7%. Tradotto, l’inflazione nell’ultimo anno c’è stata, ma ultimamente ha cominciato a rallentare, anche piuttosto significativamente. Il processo di discesa, come mostra il grafico in alto, riferito alla provincia di Bolzano, è cominciato a luglio, dopo il boom dei prodotti petroliferi. Quest’estate, infatti, l’inflazione tendenziale aveva raggiunto quasi il 5%; poi, ha cominciato a scendere, fino all’1,7% di adesso. Nel mese di gennaio 2009, in particolare, nessun capitolo di spesa ha registrato aumenti congiunturali, ossia rispetto al mese precedente. Invariati risultano i capitoli Bevande alcoliche e tabacchi, Abbigliamento e calzature, Mobili articoli e servizi per la casa, Servizi sanitari e spese per la salute e Istruzione, mentre tutti gli altri capitoli registrano ribassi congiunturali, in particolare sono diminuiti Trasporti (-1,4%) e Comunicazioni (-0,8), Abitazione acqua energia e combustibili (-0,7), Servizi ricettivi e ristorazione (-0,5). Il maggiore incremento tendenziale invece, cioè rispetto allo stesso mese del 2008, si è registrato soprattutto nel capitolo Prodotti alimentari e bevande analcoliche (+4,6%), che sull’intero paniere di beni considerati nella rilevazione pesa molto, oltre l’11% della spesa totale.

Aumenti anche per bevande alcoliche e tabacchi (+3,7%), Servizi ricettivi e ristorazione (+3%), Mobili articoli e servizi per la casa (+2,8), Abbigliamento e calzature (2,7). In discesa tendenziale Comunicazioni (-3,1%) e Trasporti (-2,9%). Il tutto più o meno in linea con il dato nazionale. Ma con un ma.

L’assessore Baratta ha spiegato infatti che «non va dimenticato che i prezzi, a Bolzano, in termini di valore base, sono sicuramente superiori rispetto ad altre analoghe realtà italiane e dunque, anche la diminuzione del tasso percentuale d’inflazione, deve essere considerata solo in quanto tale, ovvero un dato percentuale, non un valore assoluto. Se, come in questo momento, il tasso d’inflazione a Bolzano è dell’1,7% e in un’altra città, magari, è del 4%, non significa affatto che i prezzi reali di questa città siano più alti di quelli di Bolzano, perché è il prezzo base a essere diverso».

Da notare, per concludere, che il paniere di beni e servizi utilizzato per la raccolta dei dati è stato parzialmente revisionato, con nuovi prodotti entrati a far parte delle abitudini dei consumatori. Tra le novità inserite: i film in Dvd, la chiavetta Usb, la pasta base per pizza rustici e dolci, il mais in confezione e il ticket per la visita specialistica. A Bolzano, a cura del Comune, vengono rilevati attualmente 767 prodotti in 623 esercizi, oltre a 101 affitti.

Rallenta l’inflazione: in gennaio scende all’1,7%

ALTO ADIGE  VENERDÌ, 06 FEBBRAIO 2009



Il Comune: in gennaio nessun capitolo di spesa è cresciuto. Prezzi stabili o in discesa



Crollo per i trasporti e le comunicazioni. Ma in un anno alimentari cresciuti del 4,6%





I CORDONI DELLA BORSA



BOLZANO. In linea con i dati nazionali, anche in Alto Adige l’inflazione sta rallentando. A gennaio, infatti, l’indice generale dei prezzi al consumo per l’intera collettività è diminuito dello 0,5% rispetto allo scorso mese di dicembre, mentre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente è in aumento dell’1,7%. Insomma, dopo l’esplosione dei prezzi di luglio, dovuta soprattutto all’impennata del prezzo del greggio a livello mondiale, l’inflazione ha cominciato a scendere. Se a luglio l’inflazione tendenziale, ossia rispetto all’anno precedente, era del 4,8% ora siamo scesi all’1,7%. In gennaio, in particolare, nessun capitolo del paniere considerato per la raccolta dei dati ha segnato aumenti. Ma nell’ultimo anno gli alimentari sono saliti del 4,6%.

Ieri, nel corso di una conferenza stampa indetta in occasione della prima riunione annuale della commissione prezzi del Comune, l’assessore competente, Silvano Baratta, ha illustrato i dati sull’andamento dei prezzi a gennaio. La prima considerazione ha riguardato l’indice generale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, il cosiddetto Nic con tabacchi. L’indice è diminuito dello 0,5% rispetto al mese di dicembre 2008, mentre rispetto allo stesso mese dell’anno scorso è in aumento dell’1,7%. Tradotto, l’inflazione nell’ultimo anno c’è stata, ma ultimamente ha cominciato a rallentare, anche piuttosto significativamente. Il processo di discesa, come mostra il grafico in alto, riferito alla provincia di Bolzano, è cominciato a luglio, dopo il boom dei prodotti petroliferi. Quest’estate, infatti, l’inflazione tendenziale aveva raggiunto quasi il 5%; poi, ha cominciato a scendere, fino all’1,7% di adesso. Nel mese di gennaio 2009, in particolare, nessun capitolo di spesa ha registrato aumenti congiunturali, ossia rispetto al mese precedente. Invariati risultano i capitoli Bevande alcoliche e tabacchi, Abbigliamento e calzature, Mobili articoli e servizi per la casa, Servizi sanitari e spese per la salute e Istruzione, mentre tutti gli altri capitoli registrano ribassi congiunturali, in particolare sono diminuiti Trasporti (-1,4%) e Comunicazioni (-0,8), Abitazione acqua energia e combustibili (-0,7), Servizi ricettivi e ristorazione (-0,5). Il maggiore incremento tendenziale invece, cioè rispetto allo stesso mese del 2008, si è registrato soprattutto nel capitolo Prodotti alimentari e bevande analcoliche (+4,6%), che sull’intero paniere di beni considerati nella rilevazione pesa molto, oltre l’11% della spesa totale.

Aumenti anche per bevande alcoliche e tabacchi (+3,7%), Servizi ricettivi e ristorazione (+3%), Mobili articoli e servizi per la casa (+2,8), Abbigliamento e calzature (2,7). In discesa tendenziale Comunicazioni (-3,1%) e Trasporti (-2,9%). Il tutto più o meno in linea con il dato nazionale. Ma con un ma.

L’assessore Baratta ha spiegato infatti che «non va dimenticato che i prezzi, a Bolzano, in termini di valore base, sono sicuramente superiori rispetto ad altre analoghe realtà italiane e dunque, anche la diminuzione del tasso percentuale d’inflazione, deve essere considerata solo in quanto tale, ovvero un dato percentuale, non un valore assoluto. Se, come in questo momento, il tasso d’inflazione a Bolzano è dell’1,7% e in un’altra città, magari, è del 4%, non significa affatto che i prezzi reali di questa città siano più alti di quelli di Bolzano, perché è il prezzo base a essere diverso».

Da notare, per concludere, che il paniere di beni e servizi utilizzato per la raccolta dei dati è stato parzialmente revisionato, con nuovi prodotti entrati a far parte delle abitudini dei consumatori. Tra le novità inserite: i film in Dvd, la chiavetta Usb, la pasta base per pizza rustici e dolci, il mais in confezione e il ticket per la visita specialistica. A Bolzano, a cura del Comune, vengono rilevati attualmente 767 prodotti in 623 esercizi, oltre a 101 affitti.

giovedì 5 febbraio 2009

«Crisi? Buttiamo il 25% degli alimentari»

ALTO ADIGE - GIOVEDÌ, 05 FEBBRAIO 2009



di Mirco Marchiodi





L’appello di Ladinser ai cittadini «È necessario fare più attenzione»



L’assessore: inutile lamentarsi se buona parte dei nostri acquisti finisce poi nella spazzatura




BOLZANO. La crisi economica ha colpito anche Bolzano, ma l’assessore comunale alle attività economiche lancia un appello: «Faremo il possibile contro la crisi - promette Klaus Ladinser -, però non è nemmeno giusto che tutti si lamentino quando poi nei nostri cassonetti troviamo il 25% degli alimentari che vengono acquistati». Il centro consumatori conferma che si butta troppo («ma il 25% è eccessivo, siamo attorno al 10-15%») e invita le famiglie a fare più attenzione.

Sarà che i bolzanini conoscono bene la storia di Castel Greifenstein, a San Genesio, dove gli abitanti gettarono dalle mura l’ultimo maiale ancora a loro disposizione per far credere agli occupanti di avere ancora sufficienti riserve (da qui il nome di “castello del porco”), fatto sta che buona parte degli alimentari acquistati finiscono dritti dritti nel bidone dei rifiuti. Klaus Ladinser, assessore all’ambiente e alle attività economiche del Comune di Bolzano, chiede maggiore attenzione ai suoi concittadini. «La crisi - afferma - cercheremo di affrontarla con tutti i mezzi possibili, però bisogna anche smetterla di lamentarsi se poi buona parte degli alimenti che acquistiamo vengono poi gettati». Ladinser, partendo dai dati della raccolta differenziata dell’umido, parla addirittura di un 25%. La stima pare alta, ma anche il Ctcu conferma che gli sprechi alimentari delle famiglie sono molto elevati: «Parlare del 25% è forse eccessivo - afferma il direttore del centro consumatori Walther Andreaus - ma studi e analisi fatti a livello internazionale dicono che effettivamente una parte degli alimenti acquistati che si può quantificare attorno al 10-15% vengono poi buttati».

Che sia il 15% o il 25%, resta la domanda di Ladinser: possibile che in tempi di crisi si getti una quantità di cibo talmente rilevante? «In effetti sì», spiega Andreaus. «I motivi - prosegue il direttore del Ctcu - sono diversi. Ad esempio capita che si cucini troppo e che non si finisca tutto, oppure si acquistano dei prodotti con la data di scadenza troppo vicina e non li si consumano in tempo o ancora si comprano alimenti che si mettono da qualche parte e di cui ci si dimentica. Oppure si approfitta di offerte speciali per quantità di prodotti eccessive rispetto all’effettivo consumo». Nei corsi che organizza il Ctcu, questo aspetto viene espressamente sottolineato. «I consigli che diamo - spiega Andreaus - sono molto semplici. Innanzitutto è importante sapere che una buona pianificazione degli acquisti permette di risparmiare molto. In questo senso è fondamentale fare la spesa con la lista su cui segnare quello che serve davvero». Infine un consiglio che può suonare strano ma non lo è: «Meglio fare la spesa a stomaco pieno. Perché se si va a fare acquisti quando si è affamati - sostiene Andreaus - è dimostrato che si compra più di quanto effettivamente sia necessario».

«Crisi? Buttiamo il 25% degli alimentari»

ALTO ADIGE - GIOVEDÌ, 05 FEBBRAIO 2009



di Mirco Marchiodi





L’appello di Ladinser ai cittadini «È necessario fare più attenzione»



L’assessore: inutile lamentarsi se buona parte dei nostri acquisti finisce poi nella spazzatura




BOLZANO. La crisi economica ha colpito anche Bolzano, ma l’assessore comunale alle attività economiche lancia un appello: «Faremo il possibile contro la crisi - promette Klaus Ladinser -, però non è nemmeno giusto che tutti si lamentino quando poi nei nostri cassonetti troviamo il 25% degli alimentari che vengono acquistati». Il centro consumatori conferma che si butta troppo («ma il 25% è eccessivo, siamo attorno al 10-15%») e invita le famiglie a fare più attenzione.

Sarà che i bolzanini conoscono bene la storia di Castel Greifenstein, a San Genesio, dove gli abitanti gettarono dalle mura l’ultimo maiale ancora a loro disposizione per far credere agli occupanti di avere ancora sufficienti riserve (da qui il nome di “castello del porco”), fatto sta che buona parte degli alimentari acquistati finiscono dritti dritti nel bidone dei rifiuti. Klaus Ladinser, assessore all’ambiente e alle attività economiche del Comune di Bolzano, chiede maggiore attenzione ai suoi concittadini. «La crisi - afferma - cercheremo di affrontarla con tutti i mezzi possibili, però bisogna anche smetterla di lamentarsi se poi buona parte degli alimenti che acquistiamo vengono poi gettati». Ladinser, partendo dai dati della raccolta differenziata dell’umido, parla addirittura di un 25%. La stima pare alta, ma anche il Ctcu conferma che gli sprechi alimentari delle famiglie sono molto elevati: «Parlare del 25% è forse eccessivo - afferma il direttore del centro consumatori Walther Andreaus - ma studi e analisi fatti a livello internazionale dicono che effettivamente una parte degli alimenti acquistati che si può quantificare attorno al 10-15% vengono poi buttati».

Che sia il 15% o il 25%, resta la domanda di Ladinser: possibile che in tempi di crisi si getti una quantità di cibo talmente rilevante? «In effetti sì», spiega Andreaus. «I motivi - prosegue il direttore del Ctcu - sono diversi. Ad esempio capita che si cucini troppo e che non si finisca tutto, oppure si acquistano dei prodotti con la data di scadenza troppo vicina e non li si consumano in tempo o ancora si comprano alimenti che si mettono da qualche parte e di cui ci si dimentica. Oppure si approfitta di offerte speciali per quantità di prodotti eccessive rispetto all’effettivo consumo». Nei corsi che organizza il Ctcu, questo aspetto viene espressamente sottolineato. «I consigli che diamo - spiega Andreaus - sono molto semplici. Innanzitutto è importante sapere che una buona pianificazione degli acquisti permette di risparmiare molto. In questo senso è fondamentale fare la spesa con la lista su cui segnare quello che serve davvero». Infine un consiglio che può suonare strano ma non lo è: «Meglio fare la spesa a stomaco pieno. Perché se si va a fare acquisti quando si è affamati - sostiene Andreaus - è dimostrato che si compra più di quanto effettivamente sia necessario».

martedì 3 febbraio 2009

«Genitori, questa protesta è pilotata»

ALTO ADIGE - MARTEDÌ, 03 FEBBRAIO 2009



Immediata risposta della cooperativa dopo la lettera di mamme e papà che hanno i bimbi alla Kitas di San Giacomo



La direzione di Casa Bimbo: una manovra in atto da alcuni mesi



«Riunioni periodiche e bambini seguiti con professionalità»



LAIVES. Immediata - ed altrettato dura - replica della direzione della cooperativa Casa Bimbo alla lettera di protesta firmata da una decina di genitori che hanno i loro figlioletti affidati alla Kitas di San Giacomo. Mamme e papà, come è noto, si lamentano non tanto del lavoro delle educatrici attualmente operanti nella struttura, quanto, invece, della gestione della Cooperativa. La protesta, oltre alla cooperativa, è stata indirizzata anche al sindaco di Laives, Giovanni Polonioli.

Secondo la direzione di Casa Bimbo «la lettera dei genitori ha tutte le caratteristiche di essere pilotata da chi dall’esterno è da mesi che cerca in tutti i modi e con tutti i mezzi di prendere le redini di questa cooperativa... I genitori si sono fatti coinvolgere in una realtà che nuoce a tutti e particolarmente anche alle educatrici che stanno svolgendo il loro lavoro al meglio. In ogni caso, precisiamo che la direzione, lo stesso giorno in cui ha ricevuto la lettera dei genitori, ha contattato il sindaco Polonioli ed il giorno dopo si è svolta una riunione in Comune alla presenza dello stesso, del dirigente Gianluca Nettis e dell’assessore Di Fede dove è stata presentata e discussa la lettera dei genitori». La nota ricorda che «La cooperativa Casa Bimbo opera da molti anni nel settore della prima infanzia con qualità professionalità e tanti successi; è molto apprezzata per la sua potenzialità e per le sue capacità manageriali e organizzative, e, proprio, il 17 gennaio di quest’anno ha ottenuto con successo anche la certificazione ISO 9001, conseguito per il servizio di microstruttura e, quindi, anche per quella di San Giacomo - Laives, per i nidi aziendali, per il servizio di Tagesmutter e per la formazione. Un certificato di questo genere ha portato la cooperativa a verificare la capacità delle proprie collaboratrici, delle proprie educatrici e ausiliarie e dello staff organizzativo, nonché di tutto il gruppo manageriale. La struttura di San Giacomo è organizzata con uno sportello di coordinamento utenti che, da ottobre, è gestito provvisoriamente dalla Vice Presidente Elfride Haller in quanto la persona che dovrebbe svolgere questo ruolo di coordinamento genitori e personale è in malattia da ben 195 giorni. La signora Haller - avendo contatti continui con gli utenti genitori - li ha costantemente informati sulle sostituzioni avvenute e sulle motivazioni delle stesse. Sono state fatte le regolari e periodiche riunioni genitori e non è vero che le educatrici che sono state sostituite non sono state adeguatamente presentate: e’ stata indetta una riunione il 23 ottobre 2008. Chiaro è che se il personale si dimette, come e’ stato per le due responsabili di struttura, la cooperativa non può fare altro che selezionare adeguatamente il personale da sostituire, così come è stato fatto. È stato adeguatamente monitorato tale personale nuovo e questo ci pare faccia parte della capacità gestionale della cooperativa, infatti nessuna contestazione viene mossa alle educatrici e ausiliarie. Diciamo ai 9 genitori su 24 bambini frequentanti che l’aspetto importante è avere la certezza della cura, della assistenza e dell’educazione dei propri figli all’interno della struttura: guai se questo non dovesse succedere. Comunque a breve verrà indetta una riunione per chiarire questo spiacevole equivoco che mette in difficoltà anche gli altri genitori che questa lettera non l’hanno sottoscritta».

«Genitori, questa protesta è pilotata»

ALTO ADIGE - MARTEDÌ, 03 FEBBRAIO 2009



Immediata risposta della cooperativa dopo la lettera di mamme e papà che hanno i bimbi alla Kitas di San Giacomo



La direzione di Casa Bimbo: una manovra in atto da alcuni mesi



«Riunioni periodiche e bambini seguiti con professionalità»



LAIVES. Immediata - ed altrettato dura - replica della direzione della cooperativa Casa Bimbo alla lettera di protesta firmata da una decina di genitori che hanno i loro figlioletti affidati alla Kitas di San Giacomo. Mamme e papà, come è noto, si lamentano non tanto del lavoro delle educatrici attualmente operanti nella struttura, quanto, invece, della gestione della Cooperativa. La protesta, oltre alla cooperativa, è stata indirizzata anche al sindaco di Laives, Giovanni Polonioli.

Secondo la direzione di Casa Bimbo «la lettera dei genitori ha tutte le caratteristiche di essere pilotata da chi dall’esterno è da mesi che cerca in tutti i modi e con tutti i mezzi di prendere le redini di questa cooperativa... I genitori si sono fatti coinvolgere in una realtà che nuoce a tutti e particolarmente anche alle educatrici che stanno svolgendo il loro lavoro al meglio. In ogni caso, precisiamo che la direzione, lo stesso giorno in cui ha ricevuto la lettera dei genitori, ha contattato il sindaco Polonioli ed il giorno dopo si è svolta una riunione in Comune alla presenza dello stesso, del dirigente Gianluca Nettis e dell’assessore Di Fede dove è stata presentata e discussa la lettera dei genitori». La nota ricorda che «La cooperativa Casa Bimbo opera da molti anni nel settore della prima infanzia con qualità professionalità e tanti successi; è molto apprezzata per la sua potenzialità e per le sue capacità manageriali e organizzative, e, proprio, il 17 gennaio di quest’anno ha ottenuto con successo anche la certificazione ISO 9001, conseguito per il servizio di microstruttura e, quindi, anche per quella di San Giacomo - Laives, per i nidi aziendali, per il servizio di Tagesmutter e per la formazione. Un certificato di questo genere ha portato la cooperativa a verificare la capacità delle proprie collaboratrici, delle proprie educatrici e ausiliarie e dello staff organizzativo, nonché di tutto il gruppo manageriale. La struttura di San Giacomo è organizzata con uno sportello di coordinamento utenti che, da ottobre, è gestito provvisoriamente dalla Vice Presidente Elfride Haller in quanto la persona che dovrebbe svolgere questo ruolo di coordinamento genitori e personale è in malattia da ben 195 giorni. La signora Haller - avendo contatti continui con gli utenti genitori - li ha costantemente informati sulle sostituzioni avvenute e sulle motivazioni delle stesse. Sono state fatte le regolari e periodiche riunioni genitori e non è vero che le educatrici che sono state sostituite non sono state adeguatamente presentate: e’ stata indetta una riunione il 23 ottobre 2008. Chiaro è che se il personale si dimette, come e’ stato per le due responsabili di struttura, la cooperativa non può fare altro che selezionare adeguatamente il personale da sostituire, così come è stato fatto. È stato adeguatamente monitorato tale personale nuovo e questo ci pare faccia parte della capacità gestionale della cooperativa, infatti nessuna contestazione viene mossa alle educatrici e ausiliarie. Diciamo ai 9 genitori su 24 bambini frequentanti che l’aspetto importante è avere la certezza della cura, della assistenza e dell’educazione dei propri figli all’interno della struttura: guai se questo non dovesse succedere. Comunque a breve verrà indetta una riunione per chiarire questo spiacevole equivoco che mette in difficoltà anche gli altri genitori che questa lettera non l’hanno sottoscritta».

lunedì 2 febbraio 2009

Ordine del giorno "Omniscom"






Pubblichiamo la traccia del nostro intervento sull'OdG presentato dai consiglieri del centrodestra - ed in seguito ritirato- in merito alle conseguenze occupazionali della vicenda "Omniscom".





È evidente che quando si parla di posti di lavoro in pericolo la nostra attenzione non può essere che massima e qualsiasi strumento venga proposto per evitare che dei lavoratori perdano il proprio posto non può che vederci favorevoli.


 


Devo dire però che leggendo attentamente il testo della mozione la cosa che balza subito agli occhi è la mancata citazione dei livelli più bassi. Altra dimenticanza di non poco conto è l’indotto con tutta una serie di figure professionali a cui vengono esternalizzate una serie di mansioni e che in un processo di razionalizzazione e accorpamento rischiano seriamente di perdere gli appalti e di trovarsi per strada con i loro dipendenti.


Non è poi escluso in un processo di concentrazione che alcune filiali, meno produttive vengano chiuse e a nostro avviso non bastano le rassicurazioni dei dirigenti. Basta parlare con qualsiasi cassiera o commessa di questi esercizi per rendersene conto.


 


A nostro parere dunque si tratta di dimenticanze gravi.


 


Alla fine dello scorso consiglio siamo stati poi  invitati a leggere con attenzione la mozione e ci è stato suggerito che si trattava di un intervento "ad personam." Abbiamo accolto con piacere l’invito perché è evidente che se parliamo dell’amministratore delegato di Omniscom o di non ben precisati alti dirigenti ( mi si dica quanto guadagnano e la funzione che svolgono nell’azienda, se siano dotati di autonomia o meno, ecc)  che sono a rischio di perdere il posto, poco può importarcene, essendo lautamente pagati proprio perché nel loro stipendio è incluso il rischio del licenziamento.


 


Diverso è il discorso per quelle figure che vengono indicate come quadri e impiegati e ancor più per le figure professionali con mansioni più basse:


il commercio è una giungla in cui sempre più spesso parlare di diritti è un eufemismo, i contratti sono quasi sempre disattesi, il rispetto dell’orario di lavoro, delle mansioni delle ferie, ecc. sono nella discrezione assoluta delle aziende.


 


Se si conosce qualcuno che lavora nel settore si sentono cose inaudite e le aziende giocano sulla divisione dei lavoratori per imporre le loro condizioni. Qualche euro in più e la qualifica di quadro, di responsabile di filiale, di caporeparto,… e il gioco è fatto. 


Ma parliamo pur sempre di lavoratori che in busta paga percepiscono al massimo, secondo i contratti, poco più di  2.000 Euro lordi.


È a questi lavoratori che si pensa? Sarebbe bene esplicitare chiaramente il proprio pensiero anche da parte di chi vi vede la sponsorizzazione di qualche alto dirigente.


 


La mozione andrebbe dunque quantomeno integrata, ma al di là delle intenzioni vale la sostanza: e cioè l’invito ad aprire un tavolo di confronto.


Propongo però di emendare la mozione sostituendo almeno “quadri, dirigenti e impiegati”  con “dipendenti”  “personale dipendente” o meglio con “lavoratori del settore e dell’indotto”.


 


In caso contrario non posso andare al di là di un’astensione.

Ordine del giorno "Omniscom"






Pubblichiamo la traccia del nostro intervento sull'OdG presentato dai consiglieri del centrodestra - ed in seguito ritirato- in merito alle conseguenze occupazionali della vicenda "Omniscom".





È evidente che quando si parla di posti di lavoro in pericolo la nostra attenzione non può essere che massima e qualsiasi strumento venga proposto per evitare che dei lavoratori perdano il proprio posto non può che vederci favorevoli.


 


Devo dire però che leggendo attentamente il testo della mozione la cosa che balza subito agli occhi è la mancata citazione dei livelli più bassi. Altra dimenticanza di non poco conto è l’indotto con tutta una serie di figure professionali a cui vengono esternalizzate una serie di mansioni e che in un processo di razionalizzazione e accorpamento rischiano seriamente di perdere gli appalti e di trovarsi per strada con i loro dipendenti.


Non è poi escluso in un processo di concentrazione che alcune filiali, meno produttive vengano chiuse e a nostro avviso non bastano le rassicurazioni dei dirigenti. Basta parlare con qualsiasi cassiera o commessa di questi esercizi per rendersene conto.


 


A nostro parere dunque si tratta di dimenticanze gravi.


 


Alla fine dello scorso consiglio siamo stati poi  invitati a leggere con attenzione la mozione e ci è stato suggerito che si trattava di un intervento "ad personam." Abbiamo accolto con piacere l’invito perché è evidente che se parliamo dell’amministratore delegato di Omniscom o di non ben precisati alti dirigenti ( mi si dica quanto guadagnano e la funzione che svolgono nell’azienda, se siano dotati di autonomia o meno, ecc)  che sono a rischio di perdere il posto, poco può importarcene, essendo lautamente pagati proprio perché nel loro stipendio è incluso il rischio del licenziamento.


 


Diverso è il discorso per quelle figure che vengono indicate come quadri e impiegati e ancor più per le figure professionali con mansioni più basse:


il commercio è una giungla in cui sempre più spesso parlare di diritti è un eufemismo, i contratti sono quasi sempre disattesi, il rispetto dell’orario di lavoro, delle mansioni delle ferie, ecc. sono nella discrezione assoluta delle aziende.


 


Se si conosce qualcuno che lavora nel settore si sentono cose inaudite e le aziende giocano sulla divisione dei lavoratori per imporre le loro condizioni. Qualche euro in più e la qualifica di quadro, di responsabile di filiale, di caporeparto,… e il gioco è fatto. 


Ma parliamo pur sempre di lavoratori che in busta paga percepiscono al massimo, secondo i contratti, poco più di  2.000 Euro lordi.


È a questi lavoratori che si pensa? Sarebbe bene esplicitare chiaramente il proprio pensiero anche da parte di chi vi vede la sponsorizzazione di qualche alto dirigente.


 


La mozione andrebbe dunque quantomeno integrata, ma al di là delle intenzioni vale la sostanza: e cioè l’invito ad aprire un tavolo di confronto.


Propongo però di emendare la mozione sostituendo almeno “quadri, dirigenti e impiegati”  con “dipendenti”  “personale dipendente” o meglio con “lavoratori del settore e dell’indotto”.


 


In caso contrario non posso andare al di là di un’astensione.

domenica 1 febbraio 2009

«Attenzione, è guerra tra proletari ma gli operai inglesi non sono leghisti»



Manifestazione dei lavoratori della raffineria Total Lindsey contro gli operai italiani e ...



Tonino Bucci



British jobs for british workers. Con questo slogan - lavori britannici per lavoratori britannici - mezza dozzina di raffinerie sono scese in sciopero. Lo hanno in solidarietà con la Lindsey, uno stabilimento sulla costa orientale controllato da una società francese, i cui operai sono entrati in rivolta non appena saputo dell'assunzione di un gruppo di italiani all'indomani di una gara d'appalto. La proverbiale stampa scandalistica inglese l'ha subito messa sul piano della xenofobia, italiani contro inglesi. Però l'effetto immediato della protesta, sostenuta anche dai sindacati locali, è quello. Gli operai inglesi si lamentano per la concorrenza "sleale" dei lavoratori italiani, disponibili ad accettare un posto di lavoro a paghe più basse di quelle normalmente percepite in Gran Bretagna. Le maestranze delle raffinerie dicono che gli italiani gli rubano il posto, che "li hanno presi perché sono pagati meno, ma non sanno lavorare". Insomma, non si può negare che gli operai inglesi siano vittime di un meccanismo economico che porta al ribasso delle condizioni lavorative, epperò qualche segnale inquietante c'è - come sostiene Marco Revelli - in questo intreccio tra voglia di protezionismo e rischio di una resipiscenza della guerra tra popoli e razze.



Nazionalismo e competizione tra lavoratori di diversa nazionalità. La peggiore via di uscita alla crisi che si possa pensare, no?

Mi sembra un segnale inquietante di come la crisi morde sulla società. Non va sottovalutato. Andremo incontro a effetti mostruosi se non ci saranno culture politiche capaci di filtrare gli effetti regressivi della crisi economica e di governarne l'impatto sociale. Sarà la guerra tra poveri se non si costruiscono anticorpi nella cultura politica. C'è un istinto primordiale alla chiusura nazionalistica che si diffonde in tutti i paesi. La crisi enfatizza tutte le fratture nel momento in cui scatta il meccanismo della sopravvivenza. E' la mors tua, vita mea. Non c'è scampo: o hai una cultura politica capace di fare da filtro oppure la risposta è quella che dà Maroni.



Il leghismo avrà pure aspetti folcloristici, però è anche, alla sua maniera, una risposta alla crisi attuale: guerra agli immigrati ed esaltazione del suolo delle piccole patrie. Sarà il modello per il futuro come dimostra la vicenda inglese?

L'istinto della Lega a chiudere i confini nei confronti dei migranti qui ci ritorna sulla testa. La stessa cosa succede allo specchio nei confronti dei lavoratori italiani in Gran Bretagna. E domani potrebbe scattare un analogo meccanismo di rifiuto delle merci italiane da parte dei tedeschi. I nostri politici che speculano su questi istinti belluini giocano col fuoco.



L'unica differenza è che il leghismo italiano soffia sull'odio per gli immigrati che fanno i lavori in basso nella gerarchia sociale, mentre in Gran Bretagna la contesa riguarda lavoratori qualificati. Non è così?

Questo dipende dal fatto che l'Inghilterra nella divisione internazionale del lavoro si colloca a un livello più alto. La competizione si gioca perciò all'interno della gerarchia sociale anche al livello dei tecnici. Ma non c'è una differenza qualitativa. E' che la composizione sociale italiana è appiattita sui lavori a bassa qualificazione, quindi la guerra si fa contro i maghrebini, gli africani e i rumeni. Alla radice ci sta l'alternativa tra il potenziale di imbarbarimento che ha la crisi e le culture politiche che possono costruire anticorpi. Il problema è che queste culture politiche sono collassate. Anche all'interno del mondo del lavoro fa presa la seduzione del leghismo.



Appunto. Dietro la protesta "antitaliana" degli operai britannici ci sono anche i sindacati locali. Avranno anche le loro ragioni, ci sono posti di lavoro a rischio, però così facendo non rischiano di incrementare la guerra tra "proletari"?

Probabilmente in questo meccanismo è coinvolta anche una parte del mondo sindacale. Il fenomeno è determinato anche dalla diversa collocazione dell'Inghilterra nella divisione internazionale del lavoro. La Gran Bretagna ha sperimentato i guasti dell'ultra-liberismo. Conserva nella memoria la follia thachteriana prima e blairiana. L'apertura delle frontiere del mercato è servita come clava per massacrare la parte organizzata del mondo del lavoro e delle Unions. L'Inghilterra si è affidata al neoliberismo in forma più radicale rispetto all'Italia. La vicenda di questi giorni mi sembra un colpo di rimbalzo inquietante e, direi, anche comprensibile in questo quadro.



In fondo parliamo di una costante classica nella storia del movimento operaio. Si potrebbe risalire allo stesso Marx che nel cosiddetto "Discorso sul libero scambio" stigmatizzava il protezionismo come forma di conservatorismo. Insomma, cosa deve fare un sindacato, tutelare i lavoratori dalla concorrenza "sleale" degli stranieri oppure abbracciare la filosofia della libera circolazione di merci ed esseri umani?

Se non hai una forte cultura dell'internazionalismo proletario, una cultura della solidarietà di classe tra lavoratori al di là dei confini, allora la reazione istintiva è quella là, la guerra tra poveri. Poi questa guerra potrà esprimersi ai livelli più alti nei paesi a maggior contenuto tecnologico e di maggior qualificazione della forza lavoro come è l'Inghilterra. Qui da noi probabilmente non avremmo un moto di rivolta contro gli ingegneri inglesi che venissero a gestire degli impianti sofisticati in Italia per la semplice ragione che di impianti sofisticati ne abbiamo pochi. Quelli che vengono a costruire impianti mediamenti sofisticati in Italia lo fanno perché i salari dei nostri ingegneri sono più bassi di quelli dei paesi centrali. La ragione è solo questa. quando la Motorola ha aperto i suoi stabilimenti a Torino ha assunto un centinaio di ingegneri italiani. Perché costavano di meno di quelli inglesi, tedeschi, giapponesi o americani. Poi ha deciso di chiudere e li ha licenziati. Se oggi in Inghilterra si ricorre al subappalto di imprese ad alta qualificazione italiane è perché qui i salari anche di operai altamente specializzati sono stipendi da fame. I nostri lavoratori che vanno là vanno in dumping. Il meccanismo economico è quello. E' un segnale che ci dimostra quanto sfasciato sia il nostro mondo del lavoro, visto che la nostra manodopera, persino quella altamente qualificata, risulta conveniente per gli altri paesi europei.



Non a caso i lavoratori inglesi protestano perché gli italiani accettano di fare un lavoro qualificato a paghe più basse e così facendo spingono al peggioramento delle condizioni lavorative e della forza contrattuale di tutti gli altri. Sbagliano?

Non hanno tutti i torti. E comunque hanno molte più ragioni di quanto non ne abbiano i padani nell'alzare barricate contro i maghrebini che vengono a fare lavori che gli italiani non farebbero.



Insomma questi operai inglesi non sono come li dipinge il giornale "Libero" che incita a imparare da loro come si difendono i posti di lavoro...

Il meccanismo è lo stesso di Maroni ma in condizioni molto diverse. I nostri lavoratori in Inghilterra sono lavoratori sottopagati che si collocano allo stesso livello di qualificazione dei lavoratori inglesi, mentre i nostri migranti non in competizioni con la maggior parte dei nostri lavoratori.



Dal punto di vista della nostra cultura politica dobbiamo prepararci a questo scenario. Ormai sempre più governi annunciano misure a favore dei lavoratori dei propri paesi a partire dagli Usa di Obama. O no?

Il mondo orribile del neoliberismo ha al di sotto una dimensione ancora più orribile che è quella del mondo post-neoliberista e iperprotezionista. E' quello che successe tra gli anni 20 e 30. Prepara le peggiori catastrofi belliche, razziali, totalitarie. Il rimbalzo protezionista dopo l'ubriacatura liberista è micidiale.



Può innescare una spirale in fondo alla quale c'è la guerra e la recrudescenza dei conflitti di razza. Dalla crisi del '29 si è usciti con la Seconda guerra mondiale, mica con il New Deal. Anche l'economista Samuelson dice di stare attenti all'iperprotezionismo del quale, a casa nostra, è interprete Tremonti...

Certo, il protezionismo ha dentro di sé la guerra. Tremonti è molto inquietante in questa sua involuzione verso il demos, cioè verso quella dimensione che negli anni Trenta prese il nome di völkisch. Bisogna fare attenzione a questa regressione verso l'identitarismo su base nazionale o su base populistica. Il populismo protezionistico ha un potenziale distruttivo immenso.



da "Liberazione"

01/02/2009





Come fanno gli operai


di Loris Campetti


su Il Manifesto del 31/01/2009


«Sporchi immigrati. Tornate a casa vostra. Togliete lavoro a gente di qui che ne ha bisogno». Non siamo a Gela, e gli «sporchi immigrati» che rubano il lavoro agli operai indigeni non sono «bassa manovalanza» tunisina o rumena. Siamo al porto di Grimsby, nel Lincolnshire, e i lavoratori contestati sono italiani. Siciliani per la precisione. Gli operai in lotta che sfilano in corteo in molti porti inglesi contro gli «stranieri» lanciano un'accusa non priva di fondamento: le ditte italiane non rispettano le norme di sicurezza. Poi dicono un'altra cosa, probabilmente falsa, comunque preoccupante: gli italiani fanno errori sul lavoro. Insomma, siamo in pieno dumping sociale? Tutto è iniziato con un'asta lanciata dalla raffineria francese della Total e vinta da una ditta di Siracusa, la Irem, che si porta in Gran Bretagna centinaia di operai italiani, e portoghesi. Questa volta l'esercito del lavoro di riserva siamo noi, gli italiani. E il prode presidente della Sicilia, Lombardo, urla non più contro i migranti nordafricani ma contro «la perfida Albione» e a sua volta minaccia: visto «l'odio xenofono contro i siciliani» romperemo le trattative con l'inglese Erg-Shell che dovrebbe realizzare un rigassificatore a Priolo, nella stessa provincia di Siracusa che è la patria della Irem, contestata in Gran Bretagna insieme ai suoi operai «stranieri».

Quando la crisi economica precipita, brucia posti di lavoro e determina l'emergenza sociale, contraddizioni come questa esplodono ovunque, ingigantite dalle politiche statali protezioniste. Ognuno difende i suoi prodotti. E i suoi operai, che per essere più competitivi devono costare di meno, in salari e diritti. Dal nord degli Usa le lavorazioni non si spostano più oltre il muro della vergogna che spacca in due l'America ma nel sud degli States, dove salari e diritti sono competivi con quelli delle maquilladoras messicane. Obama dice che l'acciaio usato nel suo paese dev'essere prodotto nel suo paese. Sarkozy darà i soldi a Peugeot e Renault solo se non delocalizzerano il lavoro all'estero per difendere quello degli operai francesi. CONTINUA | PAGINA 3

Fa eccezione Berlusconi, che tanto è ottimista.

Qualche crisi fa, quando i giapponesi invasero il mercato Usa dell'auto, fece parlare di sè un concessionario californiano della Gm che aveva messo a disposizione del pubblico una Toyota rossa fiammante e chiedeva 10 dollari per ogni martellata. C'era la fila davanti al suo autosalone.

L'illusione di difendersi contrapponendo tra loro gli stati si traduce a livello sociale in una suicida guerra tra poveri, il conflitto tra capitale e lavoro rischia di precipitare in un conflitto tra lavoratori. L'Europa a 27 si dimostra lontana mille miglia da qualcosa che assomigli a un'entità politica, e ogni paese dà risposte individuali. E i sindacati, rispetto alla globalizzazione capitalistica sono, se non nudi inadeguati. Non è contro i processi di internazionalizzazione che si possono alzare le barricate, ma in difesa - e per l'estensione - dei diritti dei lavoratori, a partire dal diritto al lavoro. E' facile a dirsi, terribilmente difficile da realizzare. Ma è l'unica strada possibile.