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giovedì 4 settembre 2008

ALTO ADIGE - GIOVEDÌ, 04 SETTEMBRE 2008



di Antonella Mattioli



«Bolzanini in trasferta, il nostro business»



I direttori dei centri commerciali veneti: meglio per noi se non fate il megastore



Il manager di Grand’Affi: «I clienti altoatesini sono una parte molto importante del nostro giro d’affari»



BOLZANO. «Bolzano non vuole il centro commerciale? Fa benissimo. Speriamo che non cambino filosofia, così la clientela altoatesina continuerà a venire da noi». I direttori di tre grandi centri commerciali del Veronese e del Bresciano tifano per il “partito” di contrari e scettici che, dopo la visita di una delegazione in due megastore austriaci, sta facendo nuovi adepti. La clientela altoatesina rappresenta una fetta importante del loro business, anche dopo l’apertura di grossi centri nel più vicino Trentino e la chiusura forzata domenicale imposta dalla Regione Veneto.

L’eterna discussione sulla creazione del centro commerciale, che si è riaccesa di recente sull’onda del dibattito sul carovita, viene seguita con grande attenzione sotto il confine di Salorno e al di là del Brennero. Inutile dire che chi dirige i grandi centri commerciali del Veronese e di Innsbruck ha tutto l’interesse al mantenimento dello status quo. «Perché al di là delle discussioni da salotto - dice Walter Andreaus, direttore del Centro consumatori - la verità è che le famiglie che fanno sempre più fatica a tirare avanti, la spesa la fanno nei grandi centri, dove trovano tutto e a prezzi più convenienti».

Del resto se non fosse così non si capirebbe, perché solo due agenzie di viaggi come la Rauch e la Gross in questo periodo organizzano sei trasferte alla settimana al centro commerciale di Innsbruck.

C’è chi va in Austria e chi verso sud. La meta è diversa, ma obiettivo lo stesso: risparmiare.

«Nessuno regala niente - ammette Franco Villa, direttore di Grand’Affi, uno dei primi centri commerciali della zona che ha aperto i battenti nel 1996 - però è innegabile che strutture come la nostra che ospita 39 negozi e un ipermercato hanno come primo effetto di calmierare i prezzi. Difficile altrimenti spiegare perché la gente si mette in macchina e macina decine di chilometri per venire da noi. Una gita? Anche, ma il motivo principale non è questo».

Per Grand’Affi la clientela altoatesina e trentina ha sempre rappresentato la fetta più importante del business.

«Le cose - dice il manager - sono un po’ cambiate da quando nel 2006 la Regione Veneto ha stabilito che questo non è un Comune a prevalente economia turistica, impedendoci di continuare ad aprire la domenica come facevamo prima, da marzo ad ottobre. Questa scelta ci è costata la perdita di circa 600 mila presenze, tra cui ovviamente anche molti altoatesini che si sono spostati nei centri commerciali lombardi che ci fanno concorrenza aprendo anche la domenica».

È il caso de «Il leone», che da quando è stato inaugurato nella primavera di un anno fa a Lonato in provincia di Brescia, accoglie a braccia aperte centinaia di famiglie altoatesine con un orario di apertura sette giorni su sette dalle 9 alle 22, con un’unica chiusura il lunedì mattina.

All’interno del megacentro commerciale ci sono 120 negozi e vi lavorano circa 600 persone.

«La gente, in particolare le famiglie - spiega Amleto Del Tito, direttore de «Il Leone» - preferiscono i centri commerciali ai negozi tradizioni, perché da noi trovano tutto ciò che cercano: grande scelta, parcheggio, area bimbi, ristorante. E hanno la possibilità di risparmiare».

Ma il proliferare di megastore quant’è costato in termini occupazionali alle città e paesi in cui sono sorti?

Dalla visita effettuata dal gruppo di studio in Austria è risultato che per ogni posto creato all’interno di un centro commerciale se ne perdono 2,5 nel tessuto di negozi esistente. Un bilancio disastroso che viene smentito però dai direttori dei centri commerciali di Affi, Verona e Lonato.

«I piccoli - spiega Simone Grisi, che dirige il centro commerciale «Le corti venete» di San Martino Buon Albergo all’uscita Verona est dell’A4, una struttura che si estende su 30 mila metri quadrati, ospita 64 negozi e un ipermercato, dando lavoro a 6-700 persone - non muoiono, ma devono adeguarsi ai tempi che cambiano, occupando spazi di nicchia». «Addirittura - aggiunge Villa - ad Affi ci sono piccoli negozi che avevano chiuso e hanno riaperto a conferma che la concorrenza fa bene al commercio. E ancor più ai clienti».







«Convenienza? Un’illusione»



L’Unione: a guadagnarci sono solo i costruttori




La giunta è divisa, ma il sindacato insiste: bisogna aumentare la concorrenza



BOLZANO. «Il Centro commerciale: l’illusione dei prezzi convenienti». È la risposta dell’Unione commercio a tutti coloro che chiedono la creazione di una struttura di questo tipo a Bolzano. «A trarre vantaggio - si legge in una nota - sono i grandi investitori che li costruiscono. Non i commercianti che hanno il negozio all’interno e neppure i consumatori che vi trovano gli stessi prezzi. Semmai sono i discount, che si trovano all’esterno, a contribuire a ridurre i prezzi. Dopo la visita ai centri austriaci si ha l’impressione che sarebbe meglio completare l’offerta delle strutture commerciali cittadine attuali che rendono le nostre città attraenti». Attraenti sicuramente ma care. Certo è che dopo il viaggio-studio del gruppo di lavoro in due centri austriaci ci sono più perplessità di prima. L’assessore Chiara Pasquali ha fatto una breve relazione alla giunta da cui è emerso che i centri commerciali visitati non solo non hanno contribuito a ridurre i prezzi, ma hanno comportato una pesante perdita di posti di lavoro nella rete di negozi esistente. Dati questi che dividono la giunta. Se il vicesindaco Elmar Pichler Rolle è sostanzialmente contrario, ritenendo che porti più svantaggi che vantaggi; l’assessore Sandro Repetto vede con favore la creazione di una struttura di questo tipo perché darebbe una maggior possibilità di scelta al cliente. Lo stesso dicasi per gli assessori Stefano Pagani e Silvano Baratta. Più contraria che favorevole l’assessore Patrizia Trincanato che non ha mai visto nel centro commerciale una vera risposta contro il carovita: «Preferirei un’operazione più mirata sul fronte dei generi alimentari che spezzi il duopolio delle grandi catene». Chi non ha dubbi è Francesco Gennaccaro, capogruppo dell’Udc: «Va fatto al più presto». Si leva anche la voce del sindacato. «Serve un centro commerciale che naturalmente non sia dei soliti noti - dice Toni Serafini, segretario della Uil - ma che aumenti realmente la concorrenza nel settore commerciale, sia alimentare che dell’abbigliamento. Parlare di centro commerciale esistente, fatto dalla miriade di negozi dei Portici, è fare gli struzzi. Con gli affitti esorbitanti che pagano non possono essere certo strumento di calmiere dei prezzi». Il consigliere Guido Margheri (Sd) propone di indire un referendum.

«Il dibattito in atto dimostra - commenta l’assessore provinciale Werner Frick - che le mie cautele erano fondate. Anche quelli che prima volevano 10 di queste strutture, adesso hanno cambiato idea. I pro e i contro sono molti, per questo andremo a visitare anche centri nel nord Italia. Poi si deciderà».



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