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lunedì 28 gennaio 2008

Sindaci alla riscossa: vogliamo contare di più

Alto Adige, 27 GENNAIO 2008



Parla Schuler, l’uomo che vuole togliere poteri alla Provincia: «Più democrazia»


 

Il sistema delle incompatibilità ci tiene fuori dal Consiglio Entra solo la voce delle lobby


 FRANCESCA GONZATO


  BOLZANO. La carica dei sindaci. Se otterranno successo, è da vedere. Ma sono compatti. Vogliono più poteri e li chiedono alla Provincia, sono guidati dal presidente del Consorzio dei Comuni Arnold Schuler. Ottenuta l’autonomia, accusano, la Provincia se l’è tenuta troppo stretta.


 «E’ ora di cedere un po’ di questa forza ai sindaci, alle loro amministrazioni, che sono l’orecchio più vicino ai cittadini», rivendica Arnold Schuler. Hanno in mente una riforma istituzionale, elaborata tra gruppi di lavoro e consulenti, consegnata da qualche tempo a Luis Durnwalder. Il nome di Schuler torna nelle liste dei possibili candidati dell’Svp alle provinciali, «ma non so come andrà a finire». Altri sindaci premono per candidarsi. Non si può dire che Schuler, 45 anni, sia un novizio della politica. E’ arrivato al quinto mandato di sindaco a Plaus, «tempo di smettere comunque, anche se non ci fosse il limite dei mandati». Guida il Consorzio dei Comuni dal dicembre 2005. C’è chi pensa che potrebbe essere confermato alla presidenza anche dopo la scadenza del mandato da sindaco (tecnicamente sarebbe possibile).


 Non è un novizio, ma rivendica con i colleghi un’inversione politica. «Non siamo un’isola, le cose cambiano, la democrazia evolve: dovremo cambiare anche noi», spiega pescando esempi dal Tirolo alla Liguria. La lettura passa dalla Provincia all’Svp, lo scenario non cambia: «Il sistema delle incompatibilità sbarra la strada ai sindaci sia in consiglio provinciale che nel partito. La filosofia alla base può essere giusta, ma il risultato è che il territorio non ha voce e comandano i gruppi di interesse, come l’economia, i lavoratori e le donne». La lobby dei Comuni chiede ora la parola.


 Sindaco Schuler, il Consorzio dei Comuni ha presentato alla Provincia una proposta di riforma istituzionale. Quali sono i punti principali?


 «E’ il momento di attuare la svolta federalista voluta dalla riforma costituzionale. Più o meno in Italia si sono mossi tutti, anche Trento. Solo da noi il discorso non è nemmeno iniziato. E’ giusto dare più poteri ai Comuni, precisare meglio i contesti in cui è previsto il nostro parere, definire le conseguenze del mancato accoglimento delle nostre indicazioni, rivedere il sistema di finanziamento. La Provincia è molto forte, ha dato un ruolo debole ai Comuni».


 E fa fatica ovviamente a rinunciare a una parte dei propri poteri.


 «Da noi si è creata una situazione singolare. La Provincia ha condotto la battaglia per l’autonomia: abbiamo creato un modello vincente, è vero, ma anche un nuovo centralismo».


 Da qualche tempo Bolzano rivendica più peso nelle scelte strategiche, dall’urbanistica alla cultura.


 «Sono le richieste di tutti i sindaci: in questo momento il consiglio di amministrazione del Consorzio è compatto (nel Cda siedono 16 rappresentanti, ndr). Abbiamo una buona collaborazione con Bolzano, e in passato non è stato sempre così. E’ chiaro a tutti che il capoluogo ha bisogno di noi e viceversa, per confrontarci con una Provincia così potente. Bolzano ha diritto a tre rappresentanti nel Cda. C’è un buon rapporto anche dal punto di vista dei gruppi linguistici. Da un anno abbiamo cambiato lo statuto: prima era previsto solo un vicepresidente di lingua tedesca, oggi c’è anche il vice italiano (è Luigi Spagnolli) e ladino (Franz Complojer, La Valle)».


 A che punto è la bozza presentata a Durnwalder?


 «Ci hanno proposto un tavolo di lavoro Provincia-Comuni, ma non hanno ancora nominato i loro rappresentanti. Abbiamo insistito parecchie volte senza risultato, tanto che alla fine di recente abbiamo inviato una lettera di sollecito. Vogliamo discuterne prima delle elezioni. Intanto abbiamo ottenuto un risultato importante: il fondo di rotazione per gli investimenti, grazie al quale vogliamo ridurre l’indebitamento dei Comuni, già arrivato a 1,2 miliardi di euro».


 Chiedete più concertazione.


 «Diamo pareri, ma troppo spesso non riceviamo risposta. Perché non si vuole ascoltare la voce di chi è più vicino ai cittadini? Si sta creando una contrapposizione tra noi e la Provincia: non ha senso».


 Secondo il vostro osservatorio di sindaci, qual è il problema più serio sentito oggi in Alto Adige?


 «I lavoratori in difficoltà economiche. Sta diventando un fenomeno sociale».


 Bilinguismo: nelle città e nelle valli sempre più famiglie chiedono una scuola più efficace. Come Consorzio prenderete posizione?


 «Non ne abbiamo parlato. Ho tre figli, due sono già fuori dalla scuola e non si può certo dire che siano forti in italiano. Qualcosa non funziona, è chiaro».


 Lei punta il dito sul sistema delle incompatibilità. Perché?


 «In consiglio provinciale non ci sono sindaci e si sente: manca la voce del territorio. L’ultimo ad avere un esperienza da sindaco è stato Durnwalder, ma parliamo di molti anni fa. Se sei sindaco di un Comune oltre i 20 mila abitanti sei ineleggibile: ti devi dimettere prima delle elezioni. Per i Comuni più piccoli vale l’incompatibilità, ti devi dimettere se vieni eletto in consiglio provinciale. Però potrei diventare senatore. Nel Tirolo (ma anche in altre regioni italiane) i sindaci sono anche consiglieri. Il risultato è che in consiglio provinciale sono forti i gruppi economici e non il territorio».


 Come sindaci avete posto problemi anche all’Svp.


 «Nel partito c’è un sistema di sbarramento simile a quello provinciale. Se sei sindaco, non puoi diventare Obmann locale e così a salire fino all’incompatibilità tra Obmann provinciale e presidente della giunta di Palazzo Widmann. Le conseguenze nel partito sono le medesime del consiglio provinciale, se parliamo di chi conta e chi resta escluso».


 Nel 2010 la maggior parte dei sindaci in carica non potranno essere ricandidati. Avete puntato i piedi anche sul limite ai mandati.


 «La logica fila, ma si sono fermati a noi. Almeno negli Stati Uniti e in Russia hanno fissato un tetto ai mandati partendo dai presidenti».

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