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sabato 19 gennaio 2008

«Distribuzione asimettrica dei redditi»

 Istat: ai ricchi il 40% del reddito, ai poveri il 7,8%


 Liberazione,18 gennaio 2008


Laura Eduati


Basterebbero due dati per fotografare il disagio economico degli italiani, così come emerge dalla terza indagine Istat sul reddito e le condizioni di vita in Italia 2005-2006. Il primo: una famiglia su sette (14,6%) dichiara di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese.


Il secondo: un quinto della popolazione, il più ricco, percepisce il 38,4% del reddito totale mentre un quinto degli italiani, i più poveri, dispone soltanto del 7,8%.


L'Istat parla di «distribuzione dei redditi fortemente asimettrica» e di «livello di diseguaglianza di entità non trascurabile».


Fuori del linguaggio freddo delle statistiche, significa che il divario tra ricchi e poveri è enorme e su questo punto l'Italia ottiene uno dei risultati peggiori dell'Unione Europea, escludendo i nuovi Stati membri come la Romania e la Bulgaria.


La situazione è rimasta pressoché invariata dall'indagine dell'anno scorso, e mostra un'Italia in grosse difficoltà: la metà delle famiglie vive con meno di 1872 euro al mese, cioè al di sotto del reddito medio corrispondente a 22.460 euro l'anno. Il 28,4% dice di non essere in grado di far fronte ad una spesa imprevista di 600 euro. Una famiglia su dieci è in arretrato con le bollette e non si può permettere di riscaldare adeguatamente l'abitazione. Diminuiscono, anche se di poco, i nuclei famigliari con un reddito così scarso da dover risparmiare persino su cibo, spese mediche e vestiario.


In definitiva, una famiglia su tre è in difficoltà. Le diseguaglianze sono varie. Innazitutto, come sempre, il divario geografico tra Nord e Sud: in Campania e Sicilia risiede il 25% delle famiglie che stentano a farsi bastare lo stipendio; la metà delle famiglie calabresi e il 41,2% di quelle campane non sono riuscite a sostenere spese impreviste.


Eppure cresce il numero delle famiglie settentrionali con difficoltà di bilancio casalingo (10,7% contro il 9,9% del 2005) e in arretrato con il pagamento delle utenze.


Spesso le condizioni di vita, afferma l'Istat, dipendono anche dalla struttura del nucleo famigliare: rischiano maggiormente la povertà gli anziani soli (920 euro al mese di media), le coppie con tre o più figli piccoli e le famiglie con un solo genitore. D'altra parte le coppie senza figli risultano tra le più benestanti del Paese. Esistono poi delle notevoli variazioni di reddito in base al genere: nelle famiglie monoreddito, se a lavorare è una donna il guadagno è di un terzo inferiore a quello di un capofamiglia uomo.


Conta molto anche il livello di istruzione: un laureato ottiene un reddito più che doppio rispetto a quello percepito da chi ha la licenza elementare o nessun titolo di studio. In linea di massima, ma non è una sorpresa, guadagnano di più i lavoratori autonomi di quelli dipendenti.


L'indagine dell'Istituto nazionale di statistica non parla di reddito disponibile bensì di reddito mediano, visto che viene sclusa la stima dell'economia sommersa. Spesso le famiglie intervistate (circa 21mila) hanno dichiarato un reddito maggiore di quello poi dichiarato al fisco. Resta il fatto che, denaro in nero o meno, non diminuiscono i problemi economici di una fetta importante della popolazione italiana, alle prese con bassi stipendi e prezzi sempre più alti.


Probabilmente accelerati dalla pubblicazione dell'indagine, che conferma all'opinione pubblica il senso di un declino economico del sistema Italia (senso di desolazione amplificato negli ultimi giorni dalle tonnellate di rifiuti a Napoli e dal ciclone giudiziario che ha investito Clemente Mastella), il ministro del Lavoro Cesare Damiano e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta propongono di aprire a fine gennaio cinque tavoli di confronto con le parti sociali sulla politica economica: riduzione della pressione fiscale su redditi e pensioni, modello contrattuale e produttività, rinnovo dei contratti, contenimento di prezzi e tariffe, sicurezza sul lavoro.


Il ministro Paolo Ferrero parla di «emergenza sociale» che colpisce prevalentemente i lavoratori dipendenti e i pensionati. Per ridurre la forbisce tra ricchi e poveri, suggerisce Ferrero, basterebbe aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie, intervenire con un «cospicuo taglio fiscale a lavoratori e pensionati» e rinnovare velocemente i contratti nazionali come quello dei metalmeccanici e degli impiegati pubblici. «Questa catastrofe dei redditi richiede una terapia d'urto» commenta il segretario nazionale della Fiom Giorgio Cremaschi.


 

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