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giovedì 31 gennaio 2008

Salariati? Poveri indebitati e tanti

Lo dice Bankitalia

Mario Draghi presenta una fotografia da Paese "sudamericano":


redditi fermi da 7 anni, il 10% delle famiglie ha il 45% delle ricchezze


 Davide Varì


«Il reddito dei lavoratori dipendenti è fermo: «Dal 2000 al 2006 c'è stata una crescita dello 0,3%»; non solo: il 10% delle famiglie più ricche «possiede il 45% della ricchezza totale del Paese».


Ci voleva l'indagine commissionata e presentata ieri da Bankitalia, e l'autorevolezza del governatore Mario Draghi in persona per scoprire quello che la gran parte degli italiani sapeva da tempo - e lo sapeva per averlo vissuto sulla propria pelle: gli stipendi del lavoro dipendente sono al palo, fermi e cristallizzati da 7 anni. Ma non finisce qui, tra le fasce sempre più povere ci sono i lavoratori atipici e le donne;"in compenso" però, i ricchi sono sempre di meno ma sempre più ricchi. Questo, per sommi capi, il fosco quadro che emerge dall'indagine campionaria sui bilanci delle famiglie italiane commissionato da Palazzo Koch.


E accanto al ristagno dei salari, ad aggravare una situazione già drammatica, arriva anche l'esplosione del costo della vita. Ciò significa - sottolinea ancora Bankitalia - che gli eventuali aumenti di stipendio sono stati di fatto «divorati» dall'aumento dell'inflazione.


Immediata e netta la posizione del ministro dimissionario alla solidarietà sociale Paolo Ferrero: «I dati resi noti da Bankitalia confermano quanto da tempo segnalato sulla distribuzione dei redditi in Italia. Di fronte a questo - ha poi dichiarato - non posso che auspicare che il prossimo Governo, qualsiasi sia l'esito delle consultazioni in corso, porti avanti la scelta che abbiamo fatto con la Finanziaria 2008 di destinare l'extragettito ad abbassare le tasse ai lavoratori dipendenti ai pensionati». «Ciò che stupisce in questo contesto, e soprattutto dati alla mano - conclude - è che i vertici di Banca Italia continuino ad invocare come unico elemento su cui costruire la politica economica di questo Paese l'analisi dei conti pubblici».


Tornando all'indagine di Bankitalia si scopre che Diversa la sorte dei lavoratori autonomi il cui stipendio - nello stesso periodo preso in esame per i dipendenti - registra un +13% di aumento; e degli artigiani, titolari di imprese familiari e imprenditori che hanno visto il loro reddito crescere dell'11,2% dal 2004 al 2006. Addirittura «negativo» invece l'andamento del bilancio familiare per le altre tipologie, come i liberi professionisti o i lavoratori atipici.


Conseguenza di tutto ciò: un quarto delle famiglie sono indebitate. Nel 2006 il 26,1% dei nuclei ha molte rate da pagare a fine mese. I mutui costituiscono il 60% del totale dell'indebitamento mentre quelli per acquisto di beni di consumo il 10% del totale.


Insomma, il 6,3% dei lavoratori dipendenti italiani risulta «povero» e nel Mezzogiorno la quota sale al 27,3%. Sempre secondo la Banca d'Italia, «tra il 2000 e il 2004 la quota di lavoratori dipendenti in condizione di povertà è salita dal 5,9% al 7%, per poi attestarsi nel 2006 al 6,3%; per i lavoratori autonomi la stessa incidenza è scesa dall'8,1% del 2000 al 7,2% nel 2004, per risalire al 7,5% nel 2006».


Dallo studio della Banca d'Italia sui bilanci familiari nel 2006 si mette in evidenza che più cresce il numero dei componenti della famiglia (da uno a quattro) più sale il monte debiti. Anche le famiglie in cui il capofamiglia è pensionato sono particolarmente esposte ai debiti. Più alto il numero delle famiglie indebitate per acquisto di beni di consumo (12,8%), dall'auto al divano nuovo, che invece per il classico mutuo acceso per comprare la casa (11,6%). Il rapporto medio del debito delle famiglie sul reddito è del 33% mentre il valore medio è di 10.486 euro. Più indebitati i nuclei dove ci sono lavoratori indipendenti (44,4%) rispetto a quelli dei lavoratori dipendenti (33,6%).


Ed ancora: per la metà delle famiglie italiane il reddito annuo non supera i 26mila euro all'anno. «Il 20% delle famiglie - sottolinea Palazzo Koch - ha un reddito annuale inferiore ai 15.334 euro (circa 1.278 euro al mese), mentre metà delle famiglie ha percepito un reddito non superiore ai 26.062 euro. Il 10% delle famiglie più agiate - invece - ha un reddito superiore ai 55.712 euro». In altre parole il 10% delle famiglie con il reddito più basso - spiega Bankitalia - percepisce il 2,6% del totale dei redditi prodotti; il 10% delle famiglie con redditi più elevati percepisce invece la stessa quota del reddito totale posseduta della metà delle famiglie meno abbienti (circa il 26,4%): entrambi i valori non si discostano da quelli riscontrati nelle analisi precedenti, nel 2004 e nel 2002.


Nel 2006 il reddito familiare medio annuo, al netto delle imposte sul reddito e dei contributi previdenziali e assistenziali, è risultato di 31.792 euro, pari a 2.649 euro al mese. Rispetto alla precedente rilevazione, fatta nel 2004, il reddito familiare medio aumenta - rileva la Banca d'Italia - del 7,8% in termini nominali, pari al 2,6% in termini reali. Scendendo dal reddito delle famiglie nel complesso a quello dei singoli percettori, il reddito da lavoro dipendente è risultato pari a 16.045 euro, con una crescita dell'1,2% in termini reali. Per contro - si legge sempre nell'indagine di Palazzo Koch - quello da lavoro indipendente è stato pari a 22.057 euro (in lieve diminuzione, -0,1%, rispetto al 2004). Guadagnano più gli uomini che le donne, siano essi dipendenti o autonomi, più al Nord che al Sud, più i laureati che coloro che non hanno titolo di studio, più gli anziani che i giovani. Il divario uomini-donne è mediamente di oltre 5.000 euro l'anno. Un laureato invece guadagna mediamente più del doppio (25.090 euro annui) rispetto al lavoratore senza titolo di studio (10.436).


 Liberazione, 29/01/2008

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