Alto Adige del 28 novembre 2007
«Veronesi inquietante" Su questi temi la scienza non fornisce certezze»
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Come autore e coautore di diverse rassegne bibliografiche e articoli scientifici sul tema in questione, Il giudizio di assenza di rischio per le popolazioni residenti intorno ad inceneritori rilasciato dal Prof. Veronesi e da colleghi epidemiologi ed oncologi di riconosciuto valore, mi inquieta non tanto perché non condivido il giudizio ma per la loro assunzione di una certezza che il metodo scientifico in uso non consente di dare.
Considerare, peraltro in modo piuttosto sommario, solo alcuni studi (come quello di Elliott in Gran Bretagna) e ricavarne giudizi generali fa torto alla laboriosa attività di revisione sistematica che viene fatta per analizzare, in modo approfondito e secondo una metodologia concordata, le diverse decine di lavori prodotti negli ultimi decenni.
Le rassegne più recenti della letteratura (come quella del DEFRA - Dipartimento Ambiente, Alimenti e Agricoltura della Gran Bretagna), effettuate da ente pubblico su incarico pubblico con l’obiettivo di fare il punto sullo stato delle conoscenze e non di supportare scelte già effettuate, come ad esempio la costruzione di mega inceneritori in Sicilia, si guardano bene dal concludere con certezze di assenza di rischio. Anzi, le ripetute segnalazioni di incrementi significativi per i sarcomi dei tessuti molli e i linfomi non Hodgkin, due rare neoplasie per le quali si ritiene che la 2,3,7,8 tetraclorodibenzodiossina (TCDD) svolga un ruolo eziologico, di tumori dell’apparato respiratorio (polmone e laringe) e del fegato, seppure dotate di una minore riproducibilità, fanno propendere per una co-responsabilità dell’esposizione a combustioni da rifiuti, anche se la dimensione quantitativa del rischio è e resta ancora incerta.
Non sono poi da trascurare altri numerosi studi che hanno segnalato eccessi di malformazioni, basso peso alla nascita e alterazioni del rapporto tra sessi, di mortalità e incidenza per patologie respiratorie non tumorali, epatiti, cirrosi in popolazioni caratterizzate da elevati tassi di patologie tumorali correlate.
Per completezza va detto che in letteratura si trovano anche diversi studi che non hanno riportato eccessi di rischio, alcuni dei quali perché non erano in grado di vederli (come avere il binocolo quando serve il microscopio!); altri studi pur individuando eccessi di patologie, non sono in grado di dire qual è la causa, perché fatti con un metodo non adatto a questo scopo ma piuttosto orientati a descrivere ed indicare cose da approfondire.
Per le stesse ragioni sin qui esposte non concordo assolutamente con quelle posizioni che prendono i soli risultati positivi di presenza di rischio e ci confezionano una posizione di certezza assoluta del danno.
Ritengo invece che in materia di inceneritori e salute (per le discariche il ragionamento è simile) sia adeguato ed utile un ragionamento serio ed un uso corretto del principio di precauzione basato sulle evidenze disponibili e sulle incertezze da colmare, lette ed interpretate con metodologia scientifica adeguata, senza né pre-giudizi né conflitti di interessi.
Dr.
L’ONCOLOGO VERONESI
«Nessun nesso causale tra inceneritori e rischi per la salute»
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Il professor Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto Europeo dei Tumori, ha minimizzato i rischi correlati alla realizazione di inceritori. Lo ha fatto nell’ambito dello studio dal titolo «Il recupero di energia dai rifiuti: le implicazioni ambientali e l’impatto sanitario», elaborato dal Comitato scientifico di garanzia istituito dalla Regione Sicilia in vista della realizzazione di 6 nuovi megainceneritori, e da lui stesso presieduto. Lo studio riporta che «su 46 pubblicazioni considerate, 13 avevano studiato gli effetti sui lavoratori degli impianti, mentre dei rimanenti 33 studi considerati, solo 7 riguardavano inceneritori di rifiuti solidi urbani. Tra questi, uno aveva analizzato la mortalità per cancro tra i residenti intorno ad inceneritori nel Regno Unito.
Quest’ultimo studio - secondo Veronesi - appare il più rilevante ai fini di una valutazione se esista o meno un rischio più elevato di cancro tra la popolazione generale residente nelle vicinanze di inceneritori. Innanzitutto aveva coinvolto 14 milioni di soggetti seguiti per tempi fino a 13 anni che vivevano intorno a 72 inceneritori di rifiuti urbani, alcuni del quali vetusti. Inoltre era stato condotto da ricercatori dell’Unità di Epidemiologia Ambientale del Dipartimento di Salute Pubblica del London School of Hygiene con l’utilizzo di tecniche statistiche originali. L’ipotesi dello studio si poggiava sul fatto che si sarebbe dovuto osservare un declino del numero di casi di cancro allontanandosi dalla fonte emittente, nel caso che quest’ultima avesse avuto un ruolo causale, ovviamente nella consueta assenza di livelli misurati di inquinanti nella zona in studio. La conclusione degli autori è che non è stata trovata alcuna evidenza di diversità d’incidenza e mortalità per cancro nei
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