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giovedì 22 novembre 2007

Salari e stipendi, le donne restano ultime













Rapporto Isfol, generazione di giovani precari e di disoccupati over 55
"Liberazione" 20.11.2007




Maria Sole Guadagni


In Italia il lavoro è sempre più a termine. Soprattutto per le donne e i giovani che quando, dopo tanta fatica, riescono ad trovare un salario devono accontentarsi di un contratto atipico. E' quanto emerge dai dati sull'occupazione contenuti nel ventinovesimo rapporto dell'Isfol (Istituto per la Formazione dei Lavoratori) e presentati ieri dal presidente dell'istituto Sergio Trevisanato. Una fotografia che non lascia ben sperare per chi sogna il posto fisso, il lavoro atipico, infatti, coinvolge tra le 3,5 e i 4,5 milioni di persone. Meno della metà di questi contratti, inoltre, sono stati rinnovati almeno una volta e tra gli "under 30" solo il 53% ha un contratto a tempo indeterminato.

Insomma il lavoro, come si legge nel rapporto, è sempre più a termine e coinvolge dieci italiani su cento costretti a destreggiarsi tra contratti a tempo, di apprendistato o percorsi interinali. Ma sono ancora di più se a questi si aggiungono il 5,7% dei lavoratori che hanno solo un contratto di collaborazione. Che siano contratti co.co.pro o co.co.co, le cose non cambiano, il presente è l'unico tempo di vita possibile, attrezzarsi per il futuro è di fatto negato per quanti e quante lavorano a termine. Una fetta di popolazione che però ha dato i suoi frutti, sostiene l'Isfol: un record, l'aumento degli occupati che, nel 2006, hanno sfiorato quota 23 milioni. Un traguardo storico, spiegano con dovizia di particolari gli autori del rapporto, sia in termini assoluti sia in termini di percentuale di crescita annuale (+2%).

Il tasso di disoccupazione, analizzano i relatori, si è contratto al 6%, con una contestuale forte riduzione (tre volte quella registrata nel 2005) dei disoccupati di lunga durata. Una tendenza positiva, ma che ha una spiegazione ben precisa: circa la metà dei 425mila nuovi posti di lavoro del 2006, è a termine (+9,7% rispetto al 2005). In questo scenario, inoltre, permane un profondo dualismo nel divario territoriale Nord-Sud, una persistente difficoltà all'inserimento nel mondo del lavoro per le donne e gli over 55, mentre aumenta lo scontento e i lavori reali si allontanano sempre di più dalle aspettative delle persone, a causa della precarietà, delle esigue retribuzioni e delle scarse possibilità di carriera.

Effetti diretti (o collaterali, dipende dai punti di vista)? La flessione dei tassi di attività che svelano come ci siano ampi segmenti di popolazione in età attiva che non lavorano e non cercano lavoro. Se nello specifico sono donne la situazione è ancora peggiore. Il tasso di occupazione femminile, infatti, si attesta nel 2006 poco sotto il 47% contro il 70,7% degli uomini. E i salari sono più bassi. Sono le cifre a parlare: i salari delle lavoratrici sono in media inferiori del 25% di quelli dei lavoratori. A parità di contratto e di livello di inquadramento la differenza è del 15,8%. Tra le motivazioni prevalenti c'è l'orario di lavoro troppo lungo per essere conciliabile con gli impegni famigliari (67%) e inoltre l'80% dei lavoratori con contratto part-time è di genere femminile, anche se la scelta, nella stragrande maggioranza dei casi è obbligata e si ripercuote fortemente sulla retribuzione e le prospettive di carriera. Secondo l'Isfol, infatti, le donne che hanno ruoli di tipo dirigenziale a vari livelli sono il 22% contro il 38,5% degli uomini. Tuttavia si può notare che le donne accedono a posizioni di comando in tempi più rapidi rispetto agli uomini. (Ma quante sono? Dove sono? Non c'è dato sapere). L'altro "segmento" debole del mercato dell'occupazione è quello dei giovani. Il lavoro atipico, spiega la ricerca, coinvolge in maggioranza proprio questo segmento nel quale si trovano gli occupati a termine (compreso l'apprendistato) e i parasubordinati (occupati autonomi esposti a più vincoli di subordinazione). Se si includono i part-time involontari e tutti coloro che non conoscono la tipologia del proprio contratto di lavoro, nell'insieme la platea della atipicità massima è formata da poco più di 4,5 milioni di persone, pari a circa il 20% degli occupati.

Ampio spazio nel documento alla questione sicurezza. Quasi il 30 % dei lavoratori italiani ritiene a rischio la propria salute. Un lavoratore su tre, dunque, pensa che le sue condizioni di lavoro non siano sicure. La percentuale di chi non si sente al sicuro sale al 36% tra chi lavora più di 45 ore settimanali, al 40% tra gli operai e supera il 48% tra chi svolge almeno un turno notturno al mese. Quattro morti al giorno, sono un record da cui salvarsi.

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